La Gazzetta dello Sport, 7 maggio 2016
E così il Cagliari è tornato in Serie A, dopo un anno di purgatorio
14 giugno 2014. La data è storica. Perché il Cagliari cambia padrone. E passa dal vulcanico sardo Massimo Cellino al giovane milanese Tommaso Giulini che qui ha l’azienda mineraria di famiglia, la Fluorsid. Non è facile farsi amare dai sardi. Giulini ci prova con operazioni spot: ingaggia Zeman, crea una campagna abbonamenti con frasi a effetto in sardo e riapre il Sant’Elia. Ma l’impatto col campo è terrificante: il Cagliari scende in B, con un balletto di tecnici Zeman-Zola-Zeman-Festa. C’è il crepuscolo degli dei Conti e Cossu, la tifoseria pensa che Cellino pur con un carattere articolare, di pallone ne capiva.
RINASCITA Che fare? Il Cagliari punta ancora sul marketing. Fa il ritiro in Sardegna ad Aritzo e costruisce uno squadrone, messo nelle mani dell’esperto Storari. In panchina va Massimo Rastelli che ad Avellino ha visto fermarsi sulla traversa col Bologna la corsa verso la A. Giulini gli affida i vari Melchiorri e Di Gennaro, Sau e Farias. Accanto al presidente c’è il ds Stefano Capozucca, a coordinare i giovani Mario Beretta che, tolta la tuta, alla guida di una bella Primavera mette il suo fido Max Canzi. Una rivoluzione. Il Cagliari dopo un anno è di nuovo in A. Con qualche patema perché dopo un’andata straordinaria (46 punti) Giulini si era lanciato: «Voglio 100 punti». E invece si soffre. Perché nel ritorno il Cagliari frena, travolto da infortuni (Dessena, Melchiorri) e crisi di gioco.
STADIO E MARKETING Ora si programma il futuro per restare in paradiso. Il primo passo, il più importante, è il nuovo Sant’Elia. «La dichiarazione di pubblico interesse approvata dal Comune non solo pone le basi per la realizzazione di un sogno, ma dichiara il supporto della città a un progetto serio e ambizioso», ha scritto Giulini sulla rivista del club. È’ il suo vanto. Più di tutte le iniziative di marketing, un capitolo sconosciuto per Cellino che per anni si è lamentato del supporto sullo stadio, ma un progetto non l’aveva mai presentato. La vera svolta è nell’azione continua creata dalla società in cui lavorano 35 persone in una nuova sede. Mario Passetti, sardo, maturato in Bocconi, ha accanto Elisabetta Scorcu e Federica Vargiu e macina idee. Ha aperto un nuovo store in centro davanti alla statua di Carlo Felice. Si mangia, si beve il vino del Cagliari creato con i maestri Argiolas, ha fatto le uova di Pasqua e gli orologi, ha attivato un canale con Vodafone che ha un angolo suo nello store e la curva dedicata (prima era Sky che resta partner). «Agli sponsor cerchiamo di dare massima visibilità».
REGIONE E con la Regione il rapporto è tornato sereno: «Abbiamo riaperto il dialogo con le istituzioni e sulla maglia (contratto di un milione, ndr) compare la scritta “Isola, artigianato di Sardegna”. Promuoviamo 220 artigiani sardi che possono vendere su Amazon. Abbiamo una ditta di arredamento sardo e abbiamo coinvolto 15 aziende», spiega Passetti. Il Cagliari si è inventato di tutto, persino i ragazzi che vendono merchandising (cappellini e sciarpe) sulle tribune alle partite. Ha cambiato il logo tenendo i 4 mori dello scudetto, ha attivato una sinergia con l’Olbia (Serie D), spedendo lì Cossu e puntando sui giovani. Ha recuperato le vecchie glorie e rispolverato il capitano Daniele Conti (il 23 forse la partita d’addio con soli ex rossoblù) affidandogli la cura dei centrocampisti, lavora con le scuole insegnando il tifo positivo, ha aumentato gli abbonati. E cambierà sponsor tecnico. Sui social ha 500 mila follower. Ora va progettata una squadra solida. Perché ok il marketing, ma bisogna salvarsi.