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 2016  maggio 07 Sabato calendario

Gli show di Klopp. Delirio a Liverpool

In epoca di «ismi», in una Liverpool che ritrova con i Reds una finale europea dopo nove anni – l’ultima volta fu Atene 2007 e il 2-1 formato vendetta del Milan nell’ultimo atto della Champions -, siamo in pieno kloppismo. È un delirio collettivo. Lo show dell’allenatore tedesco dopo il 3-0 sul Villarreal è stato ai limiti del surreale. Raramente si è visto un manager, almeno da queste parti, festeggiare in quel modo, trascinando il popolo dei Reds con un gesto del braccio, ormai un cult in riva al Mersey. Jurgen Klopp è l’idolo della tifoseria più bollente d’Inghilterra. Il timido nordirlandese Brendan Rodgers non era mai riuscito ad entrare in sintonia con i fan del Liverpool. A Klopp son bastati due mesi e due finali. La prima, in Coppa di Lega, è svanita ai rigori. La seconda, di Europa League, contro il Siviglia il 18 maggio, offrirà a Klopp l’occasione di riportare a Liverpool un trofeo europeo dopo 11 anni: l’ultima volta con Rafa Benitez, nella finale Champions romanzesca con il Milan del 2005.
Il kloppismo è aggressività, corsa continua, dedizione alla causa, il cuore oltre l’ostacolo. Contro il Villarreal ha raggiunto punte estreme, al punto da spingere l’allenatore avversario, Marcelino, a raccontare in sala stampa: «Il calcio del Liverpool è stato intimidatorio. Klopp sarà anche bravo, ma io non vorrei essere neppure un minuto come lui». Klopp, figurarsi, ha ricambiato: «Neppure io vorrei vivere un minuto da Marcelino». Klopp è il grande capo e interpretando bene la parte della guida suprema ha polemizzato con l’Uefa per la scelta di Basilea come sede della finale e per il numero limitato di biglietti, poco più di 10 mila, a disposizione dei tifosi del Liverpool. L’Uefa è stata costretta ad intervenire, difendendo lo status di Basilea, ma con la mezza promessa di fare il possibile per aggiungere qualche altro posto a quelli stabiliti in precedenza.
Klopp non si è fermato qui: ha raccontato che Henderson – il capitano dei Reds – e Origi potrebbero essere disponibili per il match del 18 maggio, in cui il Liverpool cerca due cose: il dodicesimo trofeo europeo – 5 Coppa dei Campioni/Champions, 3 Coppe Uefa e 3 Supercoppe europee nella bacheca del club – e l’accesso alla prossima Champions: «Per noi è una finale esaltante – le parole di Klopp -. L’Europa League è un torneo durissimo, bisogna essere forti sotto tutti i punti di vista per vincerla. Quando arrivai la squadra aveva solo tre pareggi. L’1-0 su campo del Rubin Kazan, il 5 novembre, cambiò il nostro rapporto con il torneo ed arrivare in finale è un’enorme soddisfazione».
Nei tre trionfi del passato, il Liverpool ha superato Borussia Moenchengladbach – 3-0 il 10 maggio 1973 e 0-2 il 23 maggio -, Bruges – 3-2 il 28 aprile 1976 e 1-1 il 19 maggio successivo – e, il 16 maggio 2001, i baschi dell’Alaves, 5-4, con il golden gol, in realtà un’autorete, di Delfi Geli al 116’. Lo stadio di quella ennesima gara epica dei Reds? Il Westfalenstadion del Borussia Dortmund, il club dove il kloppismo ha segnato un’epoca. Una diabolica coincidenza, ma se fosse anche un segnale di buona speranza?