«Sarò il sindaco di tutti», sono le sue prime parole. Una promessa particolarmente significativa visto che lui è il primo sindaco musulmano di Londra al tempo del terrorismo islamico, dei giovani londinesi che vanno ad arruolarsi nell’Is in Siria, dei muri contro l’immigrazione. Sadiq Khan, 45 anni, origine pachistana, figlio di un autista di bus, avvocato dei diritti umani, è da ieri non solo primo cittadino della capitale britannica ma pure potenziale protagonista di una sfida che attraversa l’Europa: quella per il dialogo fra Occidente e Islam.
7 maggio 2016
Chi è Sadiq Khan, il neosindaco di Londra
Fabio Cavalera per il Corriere della Sera
«Voglio essere il sindaco di tutti i londinesi». Sembra una frase banale, buttata lì a conclusione di una campagna elettorale importante. Ma detta da Sadiq Khan, che stacca di 14 punti l’avversario conservatore Zac Goldsmith e diventa sindaco di Londra, ha un senso preciso. Lo ha per la sua storia di figlio di immigrati pachistani (il padre era conducente di autobus), per il suo impegno di avvocato a difesa di diritti civili, per la sua fede musulmana, per il suo laburismo lontano dai fantasmi di Tony Blair e di Jeremy Corbyn, per il rifiuto degli estremismi e dei populismi. «Ho la mia visione, le mie idee, le mie politiche». Un suo collaboratore confida al Guardian : «Vince Sadiq Khan, non vince Jeremy Corbyn». Fotografia perfetta.
Sadiq Khan è un uomo trasversale, che piace alla sinistra, al centro e un po’ alla destra. È diversissimo da Boris Johnson, stravagante ma efficiente sindaco conservatore per otto anni. Ma con Boris Johnson condivide la virtù di cercare e trovare consensi oltre lo steccato ideologico e religioso. Esprime bene ciò che è diventata questa straordinaria e contraddittoria megalopoli.
Londra è multietnica con il 55 per cento dei residenti «non bianchi britannici» (ultimo censimento). Ed è una città laburista: un milione e mezzo di voti lo scorso anno alle consultazioni generali contro 1 milione e 200 mila conservatori e 45 deputati su 73 eletti ai Comuni. Anche nel momento di maggiore declino a livello nazionale, Londra non volta le spalle al Labour. Boris Johnson nel 2008 e nel 2012 era riuscito a spezzare l’incantesimo ma fu per la sua personalità e per il suo apparire fuori dagli schemi. Trionfò lui, non trionfarono i tory. E così, a parti invertite, è oggi.
Sadiq Khan può contare sulla base tradizionale laburista e la unisce ma Londra è una città pragmatica, di 300 dialetti, di forti enclave musulmane, di aree ebraiche, di quartieri hindu, e non è sufficiente ancorarsi a vecchi valori. Occorre avere idee per fare correre la città, per mediare fra l’opulenza e la povertà che c’è, per accogliere i capitali dal mondo e per garantire servizi a chi è in condizioni di marginalità, per favorire il business e per contrastare chi approfitta del potere e dei soldi. Sadiq Khan interpreta la dinamicità sociale, economica, politica di questa Londra. È il fattore personale, non il fattore di appartenenza a un partito, che ha un ruolo decisivo.
Sadiq Khan è giovane (46 anni) in una capitale giovane. È progressista e moderato in una capitale progressista e moderata. Propone cose di sinistra e cose che di sinistra non sono. Assicura il congelamento per quattro anni delle tariffe dei trasporti, vuole che gli affitti siano proporzionati al reddito, promette la precedenza ai londinesi nella corsa alla case, invoca gli investimenti immobiliari privati ma intende istituire un albo o un registro dei proprietari «cannibali» o in malafede. Lo ripete spesso: «Se si è ostili pregiudizialmente al business si dà l’impressione di non capire a pieno ciò che fa pulsare l’economia».
Nella «sua» Londra prefigura la pedonalizzazione di Oxford Street e la realizzazione di «rotte» libere dai gas del traffico per i bambini che camminano verso le scuole. Vincola il suo mandato a una più stretta collaborazione con le comunità religiose ma chiede una maggiore presenza della polizia in metropolitana e sugli autobus, doterà gli agenti di telecamere mobili per controlli efficaci e preventivi. La sicurezza non è un monopolio dei conservatori.
Lo hanno bollato come «amico» dei predicatori musulmani integralisti. Sadiq Khan è un avvocato e ha risposto con calma: «Può essere che un legale incontri nell’ambito della sua professione certi individui. Ciò non significa condividere una sola virgola delle loro farneticazioni». Le accuse più che colpirlo lo hanno rafforzato. A Londra le strumentalizzazioni emotive non funzionano.
Non è un volto nuovo perché è stato già ministro dei trasporti nel 2009, parlamentare e ministro laburista ombra della giustizia, ma Sadiq Khan è comunque il simbolo moderno della problematicità londinese che si proietta nel futuro. «Una Londra fuori dall’Europa non è proprio immaginabile». La sua campagna elettorale non è chiusa. Adesso per un mese girerà per contrastare le suggestioni della Brexit.
Enrico Franceschini per la Repubblica
«Sarò il sindaco di tutti», sono le sue prime parole. Una promessa particolarmente significativa visto che lui è il primo sindaco musulmano di Londra al tempo del terrorismo islamico, dei giovani londinesi che vanno ad arruolarsi nell’Is in Siria, dei muri contro l’immigrazione. Sadiq Khan, 45 anni, origine pachistana, figlio di un autista di bus, avvocato dei diritti umani, è da ieri non solo primo cittadino della capitale britannica ma pure potenziale protagonista di una sfida che attraversa l’Europa: quella per il dialogo fra Occidente e Islam.