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 2016  maggio 07 Sabato calendario

Chi è Sadiq Khan, il neosindaco di Londra

Fabio Cavalera per il Corriere della Sera
«Voglio essere il sindaco di tutti i londinesi». Sembra una frase banale, buttata lì a conclusione di una campagna elettorale importante. Ma detta da Sadiq Khan, che stacca di 14 punti l’avversario conservatore Zac Goldsmith e diventa sindaco di Londra, ha un senso preciso. Lo ha per la sua storia di figlio di immigrati pachistani (il padre era conducente di autobus), per il suo impegno di avvocato a difesa di diritti civili, per la sua fede musulmana, per il suo laburismo lontano dai fantasmi di Tony Blair e di Jeremy Corbyn, per il rifiuto degli estremismi e dei populismi. «Ho la mia visione, le mie idee, le mie politiche». Un suo collaboratore confida al Guardian : «Vince Sadiq Khan, non vince Jeremy Corbyn». Fotografia perfetta.
Sadiq Khan è un uomo trasversale, che piace alla sinistra, al centro e un po’ alla destra. È diversissimo da Boris Johnson, stravagante ma efficiente sindaco conservatore per otto anni. Ma con Boris Johnson condivide la virtù di cercare e trovare consensi oltre lo steccato ideologico e religioso. Esprime bene ciò che è diventata questa straordinaria e contraddittoria megalopoli.
Londra è multietnica con il 55 per cento dei residenti «non bianchi britannici» (ultimo censimento). Ed è una città laburista: un milione e mezzo di voti lo scorso anno alle consultazioni generali contro 1 milione e 200 mila conservatori e 45 deputati su 73 eletti ai Comuni. Anche nel momento di maggiore declino a livello nazionale, Londra non volta le spalle al Labour. Boris Johnson nel 2008 e nel 2012 era riuscito a spezzare l’incantesimo ma fu per la sua personalità e per il suo apparire fuori dagli schemi. Trionfò lui, non trionfarono i tory. E così, a parti invertite, è oggi.
Sadiq Khan può contare sulla base tradizionale laburista e la unisce ma Londra è una città pragmatica, di 300 dialetti, di forti enclave musulmane, di aree ebraiche, di quartieri hindu, e non è sufficiente ancorarsi a vecchi valori. Occorre avere idee per fare correre la città, per mediare fra l’opulenza e la povertà che c’è, per accogliere i capitali dal mondo e per garantire servizi a chi è in condizioni di marginalità, per favorire il business e per contrastare chi approfitta del potere e dei soldi. Sadiq Khan interpreta la dinamicità sociale, economica, politica di questa Londra. È il fattore personale, non il fattore di appartenenza a un partito, che ha un ruolo decisivo.
Sadiq Khan è giovane (46 anni) in una capitale giovane. È progressista e moderato in una capitale progressista e moderata. Propone cose di sinistra e cose che di sinistra non sono. Assicura il congelamento per quattro anni delle tariffe dei trasporti, vuole che gli affitti siano proporzionati al reddito, promette la precedenza ai londinesi nella corsa alla case, invoca gli investimenti immobiliari privati ma intende istituire un albo o un registro dei proprietari «cannibali» o in malafede. Lo ripete spesso: «Se si è ostili pregiudizialmente al business si dà l’impressione di non capire a pieno ciò che fa pulsare l’economia».
Nella «sua» Londra prefigura la pedonalizzazione di Oxford Street e la realizzazione di «rotte» libere dai gas del traffico per i bambini che camminano verso le scuole. Vincola il suo mandato a una più stretta collaborazione con le comunità religiose ma chiede una maggiore presenza della polizia in metropolitana e sugli autobus, doterà gli agenti di telecamere mobili per controlli efficaci e preventivi. La sicurezza non è un monopolio dei conservatori.
Lo hanno bollato come «amico» dei predicatori musulmani integralisti. Sadiq Khan è un avvocato e ha risposto con calma: «Può essere che un legale incontri nell’ambito della sua professione certi individui. Ciò non significa condividere una sola virgola delle loro farneticazioni». Le accuse più che colpirlo lo hanno rafforzato. A Londra le strumentalizzazioni emotive non funzionano.
Non è un volto nuovo perché è stato già ministro dei trasporti nel 2009, parlamentare e ministro laburista ombra della giustizia, ma Sadiq Khan è comunque il simbolo moderno della problematicità londinese che si proietta nel futuro. «Una Londra fuori dall’Europa non è proprio immaginabile». La sua campagna elettorale non è chiusa. Adesso per un mese girerà per contrastare le suggestioni della Brexit.

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Enrico Franceschini per la Repubblica

«Sarò il sindaco di tutti», sono le sue prime parole. Una promessa particolarmente significativa visto che lui è il primo sindaco musulmano di Londra al tempo del terrorismo islamico, dei giovani londinesi che vanno ad arruolarsi nell’Is in Siria, dei muri contro l’immigrazione. Sadiq Khan, 45 anni, origine pachistana, figlio di un autista di bus, avvocato dei diritti umani, è da ieri non solo primo cittadino della capitale britannica ma pure potenziale protagonista di una sfida che attraversa l’Europa: quella per il dialogo fra Occidente e Islam.
«La mia identità è musulmano, britannico, laburista, marito, padre e tifoso del Liverpool », gli piace ripetere. Suo nonno fuggì in Pakistan dall’India dopo la partizione. Suo padre emigrò a Londra in cerca di un futuro migliore. La sua storia sembra un romanzo dell’Ottocento: il giovane povero che si fa strada in un mondo nuovo. Potrebbe diventare la fotografia dell’Inghilterra del ventunesimo secolo: il segno che globalizzazione, multiculturalismo e democrazia possono produrre progresso, integrazione ed esemplari vicende umane. Come la sua.
È lungo il viaggio che lo ha portato a City Hall, il municipio londinese affacciato al Tamigi. I nonni lasciarono l’India nel 1947: dopo la partizione di quella immensa nazione, che fece seguito all’indipendenza dalla Gran Bretagna con uno strascico di violenza e odio inter religioso, preferivano vivere in Pakistan, tra i musulmani. Il padre emigrò a Londra poco prima che Sadiq Aman (il suo nome completo) nascesse nel 1970. La famiglia, i genitori e otto figli (sette maschi e una femmina), abitò per anni a Earlsfield, periferia della capitale, in una Council House, gli alloggi popolari assegnati dallo stato ai bisognosi. Il papà guidava gli autobus rossi a due piani, la mamma faceva la sarta. «Sono cresciuto vedendo i miei lavorare in continuazione e ho seguito il loro esempio», racconta, «fin da ragazzino facevo ogni lavoretto che riuscivo ad accaparrarmi ».
Scuole statali, non le costose scuole private dell’elite. Laurea in legge, influenzato dal serial tv “Avvocati a Los Angeles”. Specializzazione in diritti umani: difende i meno fortunati da violenze della polizia, discriminazione, ingiustizia sociale. Si iscrive al Labour, diventa consigliere comunale, quindi deputato nel 2005, sottosegretario ai Trasporti nel governo Gordon Brown, ministro del governo ombra dell’opposizione di Ed Miliband. Non lega con il nuovo leader Jeremy Corbyn: non fanno campagna elettorale insieme. È un socialdemocratico moderato, nel solco di Blair ma con più attenzione al crescente gap ricchi-poveri: intende battersi per far costruire a Londra più case accessibili alla classe lavoratrice. Ma non gli interessa l’opposizione dura e pura: «Bisogna governare per poter cambiare le cose», afferma. È sposato con un’avvocatessa, anche lei di origine pachistana,hanno due figlie di 17 e 15 anni, che non manca mai di ricordare nei comizi: «Faccio politica per il loro futuro».
Il suo avversario conservatore, Zac Goldsmith, e perfino il premier David Cameron, lo hanno accusato di collusione con estremisti islamici, un disperato tentativo di infangarlo: in realtà la sua condanna del terrorismo è netta e ha promesso di dare carta bianca alla polizia nella lotta al radicalismo. Così come ha condannato senza mezzi termini l’ex-sindaco laburista Ken Livingstone, accusato di antisemitismo: «Bisogna espellerlo dal partito». Questa è finora la storia di Sadiq Khan, primo sindaco musulmano di una grande città d’Europa. Ora comincia un nuovo capitolo, il più appassionante e difficile. Chissà dove lo porterà.