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 2016  maggio 08 Domenica calendario

Ma ringraziate che c’è Al Sisi

Avevo giurato a me stesso che non mi sarei occupato della vicenda Regeni finché non si fosse placato l’accani mento anti-egiziano che vi ha fatto seguito. Resto tuttavia un europeo: e da europeo, per quanto espatriato in Egitto, non posso non temere per le sorti del mio continente d’origine. Se la strumentalizzazione del caso Regeni determinerà – come è possibile avvenga – un isolamento dell’Egitto e magari la stessa caduta di Al-Sisi, l’Europa per come ci piace pensarla e viverla sarà allo sbando. Ad arginare una possibile recrudescenza del global-jihadismo sul territorio europeo e a garantire le condizioni socio-economiche essenziali – minime ma essenziali – per scongiurare l’avvento di una migrazione di massa di centinaia di migliaia di egiziani e africani verso la costa nord del Mediterraneo, e quindi verso l’Europa, è infatti il vituperato Egitto del vituperato –e vituperabile –Al-Sisi. Alternative sensate non ne esistono, almeno per ora. L’intero continente finirà travolto da terrorismo islamico e immigrazione clandestina. E per l’Egitto non si prospetterà – non esistendo allo stato un fronte laico sufficientemente organizzato – che una guerra civile fra militari e Fratellanza musulmana.
Un simile scenario non rientra in nessun modo in una lettura apocalittica del presente e della storia bensì nella stessa logica che ha determinato l’avvento della fitna e del terrore con l’improvvido abbattimento dei dittatori Gheddafi e Saddam ed è ben lontano dal becero utopismo chiamato “democratizzazione forzata del Medioriente” con gli edificanti esempi di Iraq, Libia e Siria. La risposta rientra invece in quel genere di considerazioni che la neolingua massmediatica designa come “complottistiche”. Una simile prospettiva giova – fuori dalle grossolane balle che vorrebbero nell’esportazione della democrazia una missione disinteressata dell’Occidente – a chi dalla dissoluzione del Medioriente e dalla conseguente dissoluzione dell’Europa potrebbe trarre vantaggi, ovvero gli Usa.
Si può a buon diritto affermare che, al di là delle masse ignare dei “pantofolai dell’orientalismo” e dei loro corifei, quello che un lessico fin troppo abusato designa come “complottismo”non è del tutto fuori strada quando sospetta che, ancora una volta, dietro il fitto e magmatico parolame che accompagna la sacrosanta richiesta di verità per Regeni si annida un piano che ha negli Stati Uniti il suo deus ex machina: far cadere, insieme al Medioriente, l’Europa nelle braccia di Washington. Un’Europa che pur si affanna, nella sua disomogeneità, disunità e inconsistenza culturale a ritagliarsi brandelli di interessi e vantaggi transitori dalla crisi egiziana. Chi, come la Francia, cercando di cavare qualche obolo dai suoi accordi economico-imprenditoriali con il Cairo o qualche margine di influenza economico-politica sui destini della Libia; chi, come la Germania, infilandosi nel vacuum del crollo del turismo in Egitto per riproporre vantaggiosi contratti low cost verso le località del Mar Rosso; chi, come l’Italia di Renzi, Salvini e compagnia, raccattando qualche coriandolo di consenso pre-elettorale sulla pelle di 100 milioni di egiziani. E chi, semplicemente, come Russia e Turchia, Arabia Saudita e altri paesi della regione, affannandosi nei propri posizionamenti strategici per non lasciarsi sfuggire qualche risibile bottino (tipo una o due isolette, qualche metro quadrato di terra o una decina di contratti commerciali milionari) e spartirsi i residui di una devastazione che, alla fin dei conti, non soddisfa nessuno.
Ma il vero vincitore di questo piano di balcanizzazione e frantumazione del Medioriente sono gli Stati Uniti. Tutti gli altri, in modi e forme diverse, ne usciranno perdenti. A partire appunto dall’Europa che – attraverso una propaganda mediatica senza precedenti nella storia del mondo – non sta facendo altro, purtroppo senza accorgersene, che tirare la volata a Washington e preparare la propria implosione. Crollato l’Egitto del discutibile ed emendabile Al-Sisi, ecco ciò che i cosiddetti propugnatori della verità – gli stessi che hanno singolarmente taciuto su centinaia di casi identici nonché su Ustica, Bologna, Brescia e via elencando –saranno costretti a vivere: una recrudescenza del terrorismo islamico nelle proprie città. L’Europa non solo sarà minacciata, ma letteralmente occupata da milioni di disperati, profughi, rifugiati ed errabondi del caos. Crescerà esponenzialmente il risentimento anti-occidentale e tanto maggiori saranno le disperate misure di contenimento quanto più aspra si farà la polarizzazione. La logica della convivenza e dell’integrazio – ne subirà un contraccolpo tale da produrre il più tragico degli effetti: unico attore in campo rimarrà il principio dell’aut aut. Non più processi di integrazione ma mors tua vita mea. Non più dialettica ma guerra. Non più riduzione degli estremismi ma loro esasperazione. Non più identità in divenire ma ripiegamenti identitari sempre più radicali. Se questo accadrà, se questo dovesse accadere, se a questo vorrete si arrivi ostinandovi nell’oltranzismo della persecuzione ideologico-mediatica del presidente al-Sisi, se a questa conclusione è imperativo che si arrivi in ottemperanza alle lezioncine di democrazia, spiace dirlo ma di questa Apocalisse non mi sentirò responsabile. Avrò un sorriso amaro nel dire senza cattiveria ma con ragionevole rabbia: ve lo siete meritato.