la Repubblica, 8 maggio 2016
La parabola di Filippo Nogarin, l’ingegnere che un giorno s’è trovato a fare il sindaco
Che colpo la sua elezione a sindaco, quel giugno di due anni fa. Espugnare la città che ha dato i natali al Pci e alla storia della sinistra italiana. Livorno la rossa, Livorno senza sorprese per oltre sessant’anni. Poi una calda giornata d’estate del 2014 arriva un 44enne ingegnere aerospaziale che vive d’informatica, per giunta col nome veneto, e tutto crolla. I 5 Stelle per primi non ci avevano creduto fino in fondo. Anche se la mossa della lista di sinistra “Buongiorno Livorno”, che a sorpresa aveva scelto di sostenere al ballottaggio Filippo Nogarin, uno che aveva votato a sinistra ma che mai prima si era lanciato nella politica attiva, col senno di poi fu il segnale dello smottamento.
Il “Noga” chiuse la partita col 53%, lasciando il candidato del Pd al 47%. E per giorni a Livorno si respirò aria di festa, perfino di liberazione in qualche quartiere. Ebbero un bel dire i politologi che «la stagione della rendita politica era finita per tutti». Fu uno schock. Per il Pd soprattutto, che ha poi impiegato un anno per riprendersi e darsi una nuova guida, questa volta renziana. Mentre Nogarin s’imponeva come il sindaco più “stellato” d’Italia.
Non era il primo capoluogo ma una volta classificato come “eretico” il sindaco di Parma Pizzarotti, toccava a lui il ruolo di portabandiera 5 Stelle. E fin dall’inizio Nogarin sceglie l’ortodossia, sempre attento a non allontanarsi mai troppo dal verbo di Grillo. Anche quando, sull’entusiasmo dei primi giorni a Palazzo Civico, annunciava il no alla localizzazione del nuovo ospedale progettato dalla Regione, la rinuncia all’autoblu, il taglio del 10% al proprio stipendio e il progetto- sogno di un trasporto pubblico «gratuito per i cittadini».
Erano i giorni nei quali tutto sembrava possibile. Poi il principio di realtà s’impose: le mille difficoltà dei tagli alla spesa sociale del bilancio, lo scontro permanente con gli altri sindaci, tutti del Pd, il conflitto sul porto, prima industria della città, con il governatore toscano Enrico Rossi. E soprattutto i guai con le partecipate. Con l’Aamps anzitutto, l’azienda dei rifiuti che, durante le passate amministrazioni, aveva accumulato un bel numero di milioni di sbilancio. Come uscirne fuori?
A novembre 2015, ispirato da chissà quale consulente, Nogarin ha uno scatto: far entrare la società in concordato preventivo, affidandone cioè la cura ad un commissario giudiziale. Una mossa tanto audace quanto inattesa. E all’improvviso il sindaco 5 Stelle scopre l’amaro sapore dell’impopolarità, perché le famiglie dei 200 dipendenti si sentirono senza futuro.
Nogarin provò a rassicurare tutti. Invano. Per alcuni giorni i dipendenti di Aamps sospesero la raccolta di rifiuti e la città si trasformò d’un colpo in una maleodorante discarica. Non solo. L’audace tentativo, che è tuttora in corso (la proposta di concordato deve essere presentata entro la fine del mese) provocò lacerazioni interne e alcuni consiglieri della maggioranza 5 Stelle, che si rifiutarono di votare la scelta del concordato, furono espulsi senza tanti complimenti dal Movimento.
Siamo dunque all’oggi. Dopo aver raggiunto il suo assessore, l’avviso di garanzia si abbatte su un Nogarin già messo a dura prova dai numeri. Perché nei conti del consiglio comunale la sua maggioranza può contare adesso su un solo voto di scarto: 17 le teste della maggioranza, 16 quelle di tutte le altre forze. A questo punto sempre più agguerrite. Ma l’ordine di casa 5 Stelle oggi più di ieri, per Nogarin, è «resistere».