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 2016  maggio 08 Domenica calendario

Il piano dei repubblicani per far perdere Trump

La fronda interna al Partito repubblicano che vuole fermare Donald Trump sta cercando un candidato alternativo, e fra le persone contattate c’è anche l’ex ammiraglio William McRaven, il comandante delle forze speciali americane che gestì il raid in cui fu ucciso Osama bin Laden. Lo rivelano fonti impegnate di persona in questi colloqui. Ieri il «Washington Post» ha scritto che Bill Kristol, neocon direttore della rivista «Weekly Standard», ha incontrato nell’hotel Marriott della capitale il candidato del 2012 Mitt Romney per spingerlo a ripresentarsi. Romney non è convinto, ma questa è solo la punta dell’iceberg degli sforzi in corso.
La motivazione degli scontenti ce la spiega il filosofo Michael Novak: «Non posso votare Trump, non solo perché è una persona volgare, ma soprattutto perché è impreparato a fare il Presidente. Non conosce nulla. Votando per lui, non saprei cosa manderei alla Casa Bianca. Le elezioni però sono a novembre, e quindi c’è tempo per cercare un’alternativa». Il dilemma che gli oppositori interni devono risolvere è questo: per il Gop sarebbe più dannoso Trump presidente, o Clinton? Donald è una minaccia perché non è un vero conservatore, metterebbe a rischio la maggioranza repubblicana al Senato, e forse anche alla Camera. Condannerebbe il partito all’irrilevanza per oltre una generazione. Hillary però è anatema, perché cambierebbe gli equilibri della Corte Suprema a favore dei liberal.
Se la fronda deciderà che Trump è il pericolo maggiore, la ricerca del candidato alternativo diventerà un’operazione reale. I promotori non si illudono di poter conquistare la Casa Bianca, ma pensano di poter togliere a Donald abbastanza voti per determinare la sua sconfitta, come fecero Ross Perot nel 1992 e Ralph Nader nel 2000, affossando rispettivamente Bush padre e Gore. Poi si punterebbe a fare di Hillary un «one term president», candidando nel 2020 lo Speaker della Camera Paul Ryan. Questa, unita alla necessità di difendere la maggioranza al Congresso, sarebbe la ragione per cui lo Speaker non ha accettato di sostenere Trump. Ryan però non sta nella lista dei candidati alternativi, per due motivi: primo, sta facendo un ottimo lavoro per riunificare il Partito, dopo la spaccatura fra establishment e Tea Party; secondo, nessuno vuole bruciarlo ora.
L’identikit del candidato alternativo è questa: una persona di carisma, preparata, con solide credenziali conservatrici, non isolazionista, ma capace di parlare con i toni opposti alla correttezza politica che hanno fatto la fortuna populistica di Donald. Sul piano dei temi sociali deve essere pro life, ma su quelli economici deve essere contro lo stato sociale e l’aumento del salario minimo, e favorevole ai commerci globali.
In cima alla lista ci sarebbe stato il generale Petraeus, ma lo scandalo sessuale che lo ha travolto impedisce di puntare sull’ex direttore della Cia. Seguendo l’idea di un profilo militare, sono stati avviati contatti col generale dei Marines James Mattis, che ha rifiutato, e con McRaven, che dal gennaio del 2015 è diventato Chancellor della University of Texas. Quindi un ex soldato eroe, che oggi ricopre un importante ruolo accademico: grosso modo come Eisenhower nel 1952, fatte le dovute proporzioni.
Dietro alle discussioni non ci sono solo esercizi intellettuali come quello di Kristol, ma anche soldi di importanti finanziatori. La decisione di procedere non è ancora stata presa, perché dipende dal dilemma Hillary, e dalla disponibilità a correre il rischio di regalarle la Casa Bianca. Poi bisogna fare i conti col pericolo che Trump stravinca comunque, attirando gli astensionisti e stravolgendo ogni previsione, come ha fatto finora nelle primarie.