La Stampa, 6 maggio 2016
L’ex presidente della Veneto Banca faceva grandi investimenti in arte e la banca pagava i quadri il 25 per cento in più rispetto al loro valore reale
La Veneto Banca di Vincenzo Consoli faceva grandi investimenti in arte. Quadri, ma anche tappeti e oggetti d’antiquariato. Una piccola, dispendiosa collezione che nel tempo si è arricchita di vari pezzi “pregiati”. Arricchita si fa per dire. Perché quando il cda appena scaduto ha avviato le verifiche sulle attività della passata gestione, ha scoperto che quei pezzi “pregiati” comprati a cifre di tutto rispetto valevano in realtà molto meno di quanto la banca ha pagato per averli. Un quarto in meno, secondo la perizia richiesta ad una nota casa d’aste. Quello dei quadri e tappeti è solo uno dei casi che compongono il lungo elenco di contestazione mosse all’ex ad, vero “dominus” dell’istituto di Montebelluna fino allo scorso anno.
Un ritratto di quanto accaduto è contenuto anche nelle pagine della copiosa lettera inviata dalla Consob e relativa all’avvio della procedura sanzionatoria. Riguarda in primo luogo ancora Consoli, ma chiama alle rispettive responsabilità anche componenti del cda e del collegio sindacale dal 2013 e fino all’ottobre del 2015. Le irregolarità contestate sono raccolte in cinque punti: l’adeguatezza delle operazioni di vendita delle azioni, la correttezza e diligenza nel proporre l’investimento, la trattazione degli ordini di vendita, il processo di definizione del prezzo delle azioni e le “comunicazioni di dati e informazioni non veritiere”.
È il frutto di una lunga indagine condotta dalla commissione da febbraio del 2015. Tra le operazioni contestate anche l’accordo concluso a febbraio del 2015 – approvato dal cda di Veneto Banca lo stesso giorno delle perquisizioni della Guardia di finanza – con Jp Morgan. Quel giorno, l’istituto Veneto ha deciso di entrare nel business dei mutui ipotecari vitalizi. Ovvero i prestiti concessi generalmente ad anziani in cambio della proprietà della casa. Business che Jp Morgan voleva dismettere. In cambio la banca Usa ha comprato un sostanzioso pacchetto di azioni da una serie di soci di Veneto Banca. Sono stati gli ultimi a vendere le azioni, che poco dopo – a fine febbraio – sono state bloccate e poi svalutate fino a 7,3 euro dai 40,5 euro del picco massimo. Solo che, secondo la Consob, non sarebbe stato rispettato l’ordine cronologico delle richieste.