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 2016  maggio 05 Giovedì calendario

I camorristi stile fiction e i neomelodici come menestrelli. Analisi di un fenomeno di iperrealtà allo stato puro

Iperrealtà allo stato puro. Una situazione non infrequente quando si parla dello stile di vita e, soprattutto, di malavita che circonda una certa scena musicale napoletana (e, più in generale, del Sud). C’era un cantante neomelodico che, letteralmente con le cattive (tra minacce e intimidazioni), voleva obbligare il rapper partenopeo Clementino a lavorare con lui. E mai collaborazione sarebbe stata più «coatta», in tutti i sensi.
La mafia è diventata un pezzo dell’immaginario mainstream globale; e non parliamo della precorritrice – ma ormai «preistorica» – saga cinematografica de Il padrino quanto di alcune serie di larghissimo successo. Come I Soprano e Gomorra, uno dei nostri (purtroppo) rari prodotti televisivi di esportazione, mentre la criminalità organizzata made in Italy – quella sì, eccome – si rivela, e da parecchio, autenticamente mondializzata ed esportatrice, e costituisce un segmento fortissimo di quell’economia illegale che ha saputo intrecciarsi molto vantaggiosamente con talune dinamiche della globalizzazione. Le cosche delle varie mafie nate nel Mezzogiorno possiedono un immaginario proprio, molto glocal, che mescola elementi specifici delle aree geografiche di appartenenza e dei codici di condotta interni con i cascami generati da una certa omologazione sottoculturale globale. Nella fattispecie, dunque, ci troviamo di fronte a un mix di subcultura territoriale (nel senso sociologico della categoria) e di sottocultura (nel senso dell’autorappresentazione esterna e del lifestyle). La seconda tipologia è quella compendiata alla perfezione dall’arredamento kitschissimo della casa del boss Pietro Savastano (sempre nel serial di Sky) o dal matrimonio che apre Reality, il film di Matteo Garrone. Il «realitysmo» (all’antitesi del neorealismo), infatti, rappresenta la condizione esistenziale (agognata o «realizzata») dei nuovi camorristi, che trovano spesso nei neomelodici – come ci raccontano le inchieste giudiziarie – i loro menestrelli di corte. Nulla a che fare con le casate dei regni del Trono di Spade, ma le famiglie leader delle organizzazioni criminali presentano anch’esse un impasto molto peculiare di premodernità e postmodernità. Sfociato, per fortuna, questo iperreale romanz(ett)o criminale nel lieto fine dell’arresto del persecutore di Clementino, ci si può domandare quante chance di funzionare avrebbe avuto l’improbabile sodalizio artistico. E i dubbi abbondano da subito: come può stare insieme la musica della rabbia importata dai ghetti Usa con la glorificazione musicale di chi ha imposto l’antistato in varie periferie delle città meridionali? Niente da fare, già a una prima occhiata sarebbe risultato uno scontro (per così dire…) «di civiltà».