Il Messaggero, 5 maggio 2016
Toni dice addio al calcio: «Non ci sto più con la testa»
Domani è un’altra area di rigore. «Ai livelli alti, in Italia, c’è poca gente di calcio: il mio prossimo gol sarebbe fare qualcosa d’importante per il mondo del pallone». Vecchio lupo dei centravanti, nell’addio di Luca Toni c’è un po’ di passato, presente e futuro. Qualche nostalgia: «Avrei voluto vincere lo scudetto con la Roma, nel 2010, ma si vede che doveva andare così». Una certezza: «Contro la Juve, domenica, gioco l’ultima partita, la 100esima col Verona». E un proposito: «Il calcio italiano ha bisogno di ex giocatori: che i Baggio e i Maldini siano fuori dal giro è follia». Toni è stato la folle gioia di 15 maglie e altrettante tifoserie, in Italia e non. E il suo annuncio di ieri lascia un cono d’ombra sul manto verde di casa nostra. «Quando smetteremo io, Totò Di Natale e Francesco Totti, e riguardo Francesco non so quando succederà, andranno via quasi 1000 gol. Sarà una grande perdita per il calcio italiano».
DAL CAMPO ALLA SCRIVANIA
Toni è quello che portava la mano vicino all’orecchio, esultanza brevettata, a ogni gol quel gesto lì. Ora la mano fa ciao agli scarpini («ho lasciato qualcosa ovunque abbia giocato»), all’Hellas («capocannoniere a 38 anni, una delle gioie più belle») e a quello zainetto da 323 reti tra i professionisti. «Smetto. Circa il calcio giocato, con la testa, sono arrivato alla fine. Mica facile, deciderlo». È la decisione che aleggia su Di Natale. È la decisione che Totti scaccia come una mosca. «Francesco? La sua situazione è diversa...». La situazione di Toni, 39 anni a fine mese, è un Verona che va giù ma gli offre un ruolo da dirigente. «Ne discuterò con la società». L’occasione giusta per mettere in discussione un sistema. «Il calcio può essere business e politica. Ma servono anche i valori di certi ex campioni». Tipo Toni. «Tipo Roberto Baggio, con cui ho giocato a Brescia. Roby è storia, eppure non ha un ruolo né in un club né in Federazione. Stesso dispiacere nel vedere fuori un Paolo Maldini». Della serie: parlare per esperienza. «Ho avuto la fortuna di vestire la maglia del Bayern Monaco. Confidarsi con Rummenigge, che gestisce il club, significava confidarsi con uno che di calcio ne sa. Il che fa la differenza».