Corriere della Sera, 5 maggio 2016
Per capire come va Silicon Valley basta vedere quanti tavoli da ping pong sono stati acquistati
Per capire come stanno andando le società della Silicon Valley è sempre utile scrutare gli indici di Borsa. Va bene dare un’occhiata anche ai report degli analisti finanziari. Ma il segnale più chiaro è un altro: quanti tavoli da ping-pong sono stati acquistati?
Dalle parti di San Francisco, di Berkeley o di Palo Alto non esiste in natura una start-up senza racchette, palline, schiacciate sotto rete e sgommate sui pavimenti.
L’anno scorso di questi tempi la vendita di set per il ping-pong andava molto forte in quella regione. Nel primo trimestre del 2016, invece, c’è stato un crollo del 50 per cento. Nello stesso periodo i ricavi di Twitter sono sì cresciuti, ma meno del previsto e quindi le azioni sono cadute del 13 per cento.
I due dati, racconta il Wall Street Journal sono collegati in un modo semplice, lineare. Più le società tecnologiche esistenti crescono, più se ne aggiungono di nuove. Aumentano gli spazi, i dipendenti e la loro innata, insopprimibile voglia di ping-pong. Il quotidiano finanziario ha intervistato uno dei principali venditori di attrezzatura per il tennis da tavolo di San Josè, il signor Simon, che ha confermato come Twitter fino al 2014 si rifornisse regolarmente dal suo magazzino. Poi, già nel 2015, Simon aveva notato un calo degli ordini, intuendo molto in anticipo rispetto a tutti gli altri che anche il Social Network guidato da Jack Dorsey stesse rallentando il suo passo.
Il teorema artigianale, che farà inorridire gli esegeti dei listini e dei bilanci, trova altri riscontri. Per esempio, da gennaio a marzo 2016, mentre i tavoli invenduti si accumulavano nel deposito di Simon, i finanziamenti alle nuove società tecnologiche, le start-up appunto, diminuivano del 25 per cento, secondo i dati raccolti da Dow Jones VentureSource. Altre verifiche a campione: Yahoo! non acquista più tavoli da molto tempo e, infatti, la società è in vistose difficoltà. Stesso discorso per Intel che il mese scorso ha annunciato il taglio di dodicimila dipendenti.
Sull’altro versante, Google: cospicuo ordinativo nel negozio di Simon e primo trimestre con ricavi e utili in costante aumento.
Il ping-pong, oltre quaranta milioni di praticanti nel mondo, disciplina olimpica dal 1988, è lo «sport nazionale» della Silicon Valley da una quindicina di anni. Le nuove generazioni lo preferiscono al vecchio ed evidentemente troppo statico biliardo. L’America ha imparato ad apprezzarne il valore di linguaggio universale seguendo i goffi movimenti dell’allora presidente Richard Nixon nel febbraio del 1972, impegnato, durante lo storico viaggio a Pechino, in una partita contro Mao Zedong. La «diplomazia del ping-pong» è rimasta nella cultura popolare.
Nell’ultimo film di Gavin Hood, regista sudafricano trapiantato a Hollywood, «Eye in the Sky», il Segretario di Stato americano viene chiamato d’urgenza al telefono, nel corso di una visita ufficiale in Cina. Il Segretario afferra il cellulare, autorizza un attacco dei droni, e poi torna saltellando al tavolo.
No, non quello dei negoziati, quello da ping-pong. Naturalmente.