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 2016  maggio 04 Mercoledì calendario

Se l’unico modo di mandar via la Merkel è quello di imporre un limite di mandato

Domani cominciano le lunghe ferie di Pentecoste, che equivale al nostro Ferragosto. Scuole chiuse, milioni di tedeschi in vacanza per una decina di giorni, ma Frau Merkel non riposa, arriva a Roma, dove la considerano responsabile di tutti i nostri guai. È sempre colpa di qualcun altro.
Angela esagera. Nonostante i gufi alla Renzi che la danno per usurata, stanca, in declino, quasi spacciata, secondo tutti i sondaggi, se si votasse domenica prossima, sarebbe lei a vincere. Con un partner o con un altro, con i socialdemocratici in preoccupante declino, o con i verdi, resterebbe cancelliera.
Al quarto mandato eguaglierebbe il record del suo padrino Helmut Kohl: sedici anni. Troppo, il doppio di quanto resta in carica un presidente degli Stati Uniti. Obama, dopo due vittorie, è costretto a passare la mano. Se all’inquilino della Casa Bianca bastano otto anni per dimostrare quanto vale, perché in Germania si può restare inchiodati alla poltrona all’infinito, o quasi? Secondo molti politologi, questa è una causa della crescente astensione alle urne. Sempre meno vanno a votare, non per disgusto verso la politica come da noi, ma per noia. Comunque si voti la situazione non cambia. Nella Grosse Koalition collaborano due grandi partiti i cui programma sono quasi identici. L’opposizione può solo brontolare in parlamento senza alcuna chance di rivincita.
Diversi costituzionalisti propongono una riforma che ponga un limite al mandato: non più di due volte. La Welt am Sonntag, domenica scorsa, ha dedicato un’intera pagina al tema con il titolo «Hätten acht Jahre gereicht?», sarebbero bastati otto anni a Angela per dare il meglio?
Ma la colpa è anche dei tedeschi. Di solito votano per chi è già al potere. Temono la conflittualità e l’instabilità. Meglio confermare chi conoscono, senza rischiare un cambiamento, un salto nel buio. È il cosiddetto kanzlersbonus, il vantaggio del cancelliere: come per un pugile campione del mondo, per toglierli la corona, bisogna mandarlo ko. Nell’incertezza, vince chi detiene il titolo. Secondo il sondaggio eseguito per il domenicale della Welt, oltre la metà è contro un limite ai mandati. E il 46 favorevole. Un risultato influenzato dalla Merkel: il 25% di chi vota Cdu vorrebbe averla al potere senza limiti di tempo, contro il 57 dei suoi alleati socialdemocratici, e il 70 per cento dei populisti dell’AfD.
Non è un caso che in oltre 60 anni, solo per due volte ha vinto lo sfidante: nel 1998, quando Gerhard Schröder prevalse contro Helmut Kohl, benché fosse l’artefice della riunificazione. Sedici anni erano troppi, ma sicuramente il suo partito, la Cdu, sarebbe rimasta al potere, se Kohl avesse ceduto lo scettro al delfino designato, Wolfgang Schaüble.
Gerhard perse a sua volta nel 2005, battuto da Angela, pagando la riforma dello stato sociale. Tentò una fuga in avanti con elezioni anticipate (evento rarissimo in Germania), ma non ce la fece sia pure per pochi voti. Altre due volte il cambio avvenne per un ribaltone, che qui però viene considerato un atto del tutto democratico, e non per volontà degli elettori: nel ’69, la Cdu/Csu si confermò come compagine più forte, ma divenne cancelliere Willy Brandt, perché i liberali cambiarono alleato passando con i socialdemocratici. E fu sempre l’Fdp a tradire Helmut Schmidt nel 1982 e a portare Kohl alla cancelleria. Doveva essere un cancelliere di transizione. Andò diversamente.
Così, dal 1949, da Adenauer ad Angela, i tedeschi hanno avuto appena otto cancellieri contro i nostri 41 primi ministri (senza contare i diversi governi guidati dallo stesso premier). Gli italiani invidiano la stabilità tedesca: squadra che vince non si cambia. Vale la pena porre un limite a chi governa bene? Frau Angela avrebbe voluto lasciare a metà mandato, nel 2015, perché ne aveva abbastanza. Ma la notizia trapelò, e poi gli ultimi eventi, l’aver accolto i profughi unica in Europa, le critiche in casa e all’estero, l’hanno indotta a cambiare idea. Non vuole abbandonare dando l’impressione di una resa. E, non si vede chi possa raccoglierne l’eredità, né nelle file del suo partito, né tra i socialdemocratici. Aspiranti tanti, leader graditi dai tedeschi, nessuno. Gli eule, gufi in tedesco, dovranno attendere il 2021.