Libero, 4 maggio 2016
Se in Italia la condanna più umiliante è lavorare. E un giudice di Foggia lo sa
Ai lavori forzati, li devono mandare. Quante volte l’abbiamo detto? Bene, a Foggia ce li hanno mandati: un giudice si è inventato una pena accessoria che, per un anno, spedirà dei mafiosi a lavorare i campi in una colonia agricola. Ovviamente accadrà alla fine della pena (5 o 10 anni di galera) e sotto il travestimento di residua misura di sicurezza: il nostro codice, infatti, non prevede pene creative anziché detentive. E forse è meglio così: anzitutto perché c’è il problema di reperire una cosiddetta colonia agricola (l’unica che visitai era a Is Arenas, in Sardegna, ed era un posto così meraviglioso che i detenuti non volevano lasciarla neanche a pena espiata) e in secondo luogo perché ci sarebbe anche il problema, se le sentenze all’americana prendessero piede anche da noi, di frenare la fantasia dei magistrati. Qualche esempio reale? Due uomini accusati d’aver gettato delle bottiglie di birra contro una donna, in Ohio, hanno potuto scegliere: due mesi di carcere oppure camminare per la città vestiti da donna con tanto di trucco e parrucche. Due ragazzi che avevano deturpato un presepe, in Oklahoma, sono stati condannati a camminare per strada con un asino e un cartello di scuse, mentre un 17enne accusato di omicidio è stato condannato ad andare a messa per 10 anni e a diplomarsi in una scuola di saldatura. Ma negli Usa sono avanti. Da noi, in effetti, la condanna più umiliante resterebbe quella che piccoli e grandi delinquenti non avrebbero mai immaginato, orrore: nei campi o meno, lavorare.