Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 04 Mercoledì calendario

Un musulmano a Londra. Domani Sadiq Khan, 45 anni, deputato laburista, avvocato dei diritti umani, figlio di immigrati pachistani potrebbe diventare il nuovo sindaco della City

Domani sera la capitale della Gran Bretagna potrebbe diventare la più grande città d’Occidente governata da un sindaco musulmano: Sadiq Khan, 45 anni, deputato laburista da due legislature, avvocato dei diritti umani, figlio di immigrati pachistani. Un padre autista di bus, l’infanzia con i genitori e sei fratelli in una Council House, gli alloggi popolari, in una delle zone più disagiate di Londra.
L’idea che ora quest’uomo possa ritrovarsi primo cittadino della più grande metropoli d’Europa è quasi rivoluzionaria. Sembra una storia da Dickens e anche il suo avversario in effetti è dickensiano, ma nei romanzi avrebbe interpretato la parte opposta: quella del ricco e aristocratico rampollo. Zac Goldsmith, 43 anni, deputato conservatore, ha ricevuto in eredità dal padre 300 milioni di sterline (400 milioni di euro) e come se non bastasse è sposato in seconde nozze con un’ereditiera Rothschild.
Il povero contro il principe, si potrebbe riassumere la contesa: simbolo perfetto di una Londra in cui il gap tra l’1 per cento e tutti gli altri si è dilatato a dismisura.
Su questo sfondo è scoppiata la polemica sull’antisemitismo, scatenata da una frase dell’ex-sindaco laburista Ken Livingstone su “Hitler sionista”, che ha portato alla sospensione sua e di una deputata dalle file del Labour. «Non c’è antisemitismo né crisi nel partito», assicura il leader Jeremy Corbyn, ma poi si è saputo che altri 50 attivisti sono stati sospesi per ragioni analoghe; e lo stesso Khan afferma: «La questione dell’antisemitismo può farmi perdere voti».
Qualcuno ipotizza che possa fargli perdere addirittura le elezioni, sebbene i sondaggi gli diano tra 10 e 20 punti percentuali di vantaggio. Anche perché Goldsmith, un Tory moderato e ambientalista, per recuperare terreno gioca sporco, accusando Khan di complicità con estremisti islamici.
Se si aggiunge la battuta razzista che il sindaco uscente, il conservatore Boris Johnson, ha indirizzato di recente al presidente Obama («mezzo kenyota») per criticare il suo intervento contro Brexit (l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea che verrà sottoposta a referendum il mese prossimo), di colpo la Londra del multiculturalismo appare attraversata da pregiudizi e veleni etnici. E le previsioni su come finirà la sfida elettorale di giovedì si fanno più caute.
L’incertezza è anche maggiore a livello nazionale. Si vota pure per rinnovare i poteri locali nel resto della nazione: il Labour rischia di arrivare soltanto terzo in Scozia, dietro indipendentisti e perfino alle spalle dei conservatori, e di perdere seggi in Inghilterra e Galles.
Alcuni analisti pronosticano per il partito della sinistra britannica il peggior risultato degli ultimi 35 anni. «Non perderemo seggi», dichiara Corbyn, ma girano voci di complotti e dimissioni di massa per detronizzarlo, se le urne produrranno una sconfitta così grave. «Non cederò il mio posto, le notizie di golpe contro di me sono messe in giro da media ossessionati dalle lotte intestine, mentre la gente vuol parlare di casa, lavoro, welfare», ribadisce il leader.
Riconquistare Londra, da otto anni in mano al conservatore Johnson, sarebbe un successo per i laburisti, ma Khan e Corbyn non si piacciono.
Le tensioni interne al partito laburista, tuttavia, passano quasi in secondo piano di fronte alla possibilità che una delle grandi capitali d’Europa abbia per sindaco un musulmano figlio di immigrati pachistani.