la Repubblica, 4 maggio 2016
Technogym, la svolta salutista di Piazza Affari. Al suo debutto ha segnato un +11,3 per cento perché i piccoli risparmiatori ci credono
No ai bidoni (o presunti tali). Sì alle offerte serie di qualità. Piazza Affari, un poco alla volta, prova a iniziare a tener fede al suo nome. Non tutto è oro quel che luccica. Ci sono volute le lezioni di Parmalat e Cirio, i bocconi amari dei Bond argentini e delle obbligazioni strutturate di Banca Etruria & C. Alla fine però, anche il mitico parco buoi della Borsa italiana – tosato tante volte dagli squali del listino – ha deciso di dire basta. L’ultima settimana sui mercati, nel bene e nel male, è la cronaca fedele di questa ribellione. Meno del 3% dei 100mila azionisti della Popolare Vicenza, scottati dai buchi aperti dalla vecchia gestione della società (1,4 miliardi nel 2015) e dal crollo del titolo (precipitato da 40 euro a 10 centesimi) se l’è sentita di riaprire il portafoglio per sottoscrivere l’aumento di capitale necessario a salvare la banca. Morale: la quotazione è saltata – serviva almeno il 25% di adesioni – i titoli bancari sono andati a picco e il cerino della Vicenza è finito in mano al fondo Atlante, una sorta di Croce Rossa creata dalla finanza tricolore per evitare che le mele marce tirino a fondo l’intero settore creditizio nazionale.
La tempesta però è durata poco. Meno di cento ore dopo, il vento è girato e come per magia è tornato il bel tempo. Nerio Alessandri ha quotato in Borsa la Technogym vendendo il 28,7% ad investitori professionali per evitare sorprese sul listino. È stato fin troppo prudente. L’azienda di attrezzature per palestre è sana, senza debito o quasi. Alle spalle ha una storia di successo e realizza più del 90% del fatturato all’estero. Risultato: i grandi fondi hanno prenotato il quadruplo dei titoli in offerta. E quando le azioni hanno debuttato sul telematico di Piazza Affari, gli stessi piccoli risparmiatori che hanno respinto al mittente l’offerta di Vicenza (assieme a molti istituzionali) hanno iniziato a comprare a mani basse regalando a fine seduta alla società di wellness un balzo del 11,3%.
Un’eccezione? No, piuttosto, dicono gli esperti, il new normal di Piazza Affari dove piazzare fregature – aziende malmesse o realtà sane vendute a prezzi eccessivi – è sempre più difficile. «La volatilità rende i risparmiatori molto più cauti nelle scelte di investimento» conferma Stefano Rangone, direttore centrale e responsabile equity capital market di Mediobanca.
Le nuove regole del gioco sono chiare: piace chi va in Borsa per finanziare programmi di crescita e non chi batte cassa per rimborsare i debiti. Tirano le eccellenze italiane come Brunello Cucinelli – + 124% dal debutto – Ferrari, Moncler e Valentino (vicina al collocamento) per cui gli stranieri sono disposti a pagare un premio. Funziona – Technogym è lì a dimostrarlo – chi vive di export. E non a caso in lista d’attesa a Piazza Affari c’è la Spig (sistemi di raffreddamento) che realizza oltrefrontiera l’85% del suo giro d’affari.
Gli ex Bot-people, in questo mondo dove i tassi sui bond sono vicini allo zero, si sono affacciati sul listino nel segno della prudenza: «Il piccolo risparmiatore tende a privilegiare investimenti con un profilo di rischio più contenuto e con buoni dividendi prospettici – aggiunge Rangone – come ha dimostrato il successo dell’offerta al pubblico di Poste, che presentava queste caratteristiche». Esperienza che il Tesoro spera di replicare ora collocando l’Enav, l’Ente dell’aviazione civile. Nessuno, insomma, ama più il brivido. E proprio per questo le quotazioni a rischio, come quella della Vicenza, fanno flop sempre più spesso. Negli ultimi mesi hanno rinunciato allo sbarco in Piazza Affari ben quattro realtà immobiliari (Idea Re, Sorgente, Domus Italia e Coima, pronta a ritentarci a breve). Gli investitori hanno imparato a diffidare di chi vende in collocamento la maggioranza (stile prendi i soldi e scappa), delle aziende con governance poco chiare e dove gli interessi di piccoli e grandi azionisti sono in conflitto. «Il mercato sta diventando selettivo – concorda Carlo Gentili, partner di Nextam -. Anche se è vero che c’è un prezzo per tutto». L’importante è capire se è quello giusto. «Persino i prestiti in sofferenza delle banche italiane hanno trovato lo scorso anno compratori esteri – aggiunge Gentili –. I grandi investitori però vogliono vedere imprenditori che ci mettono la faccia e accompagnano le loro aziende sul mercato per imboccare un percorso di crescita, come è successo con Brembo, Recordati e Campari». Basta copiarli, l’ha capito persino il parco-buoi, per ridurre al minimo il rischio di bruciarsi le dita (e i risparmi) a Piazza Affari.