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 2016  maggio 03 Martedì calendario

Nel palazzo di Caivano ci sarebbe una rete di pedofili. È stata chiesta la riesumazione del cadavere di un altro bambino

Almeno due coppie indagate per violenze sessuali su minori. Diversi bambini vittime di abusi, almeno cinque, forse di più. Nell’isolato 3 del Parco Verde di Caivano (Napoli), il 43enne Raimondo Caputo detto Titò non era solo. Ci sono inquilini che lo hanno protetto, sviando le indagini. Ci sono inquilini, almeno due, che avrebbero commesso gli stessi orrori attribuiti ai quattro già arrestati. Gli investigatori della Procura di Napoli Nord diretta da Francesco Greco sono certi della presenza di più pedofili in quello stabile. E vogliono individuarli tutti.
C’è Caputo, in carcere per l’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, uccisa il 24 giugno 2014 buttandola giù dall’ottavo piano del palazzo dopo avere abusato più volte di lei: è accusato di violenze anche sulla figlia della convivente, a sua volta agli arresti domiciliari per concorso in abusi sessuali, perché ha assistito senza denunciare e senza muovere un dito. C’è Salvatore Mucci, l’uomo che per primo soccorse Fortuna e la portò in ospedale: è stato arrestato nel dicembre 2014 per abusi sessuali sulla figlia di 12 anni e pochi mesi dopo toccò alla compagna, accusata dello stesso reato. Sarebbero parte di una rete di pedofili la cui ampiezza potrebbe crescere, perché le 122 pagine dell’or dinanza di arresto di Caputo raccolgono e sintetizzano solo una piccola parte del materiale investigativo raccolto. È la stessa rete che avrebbe coperto le circostanze della morte di Antonio Giglio, figlio della compagna di Caputo, morto a 4 anni il 27 aprile del 2013 dopo essere caduto dal settimo piano del palazzo. La madre, Marianna Fabozzi, disse al pm che Antonio cadde perché si era sporto troppo sulla ringhiera della casa della nonna per vedere l’elicottero dei carabinieri. All’epoca fu ritenuta una morte accidentale. La sorellina di Antonio era una grande amica di Fortuna. Dopo la morte di Fortuna, la scoperta delle violenze sulla bimba, gli intrecci delle persone coinvolte, la tesi dell’incidente vacilla, gli inquirenti non ci credono più.
Ieri l’avvocato della famiglia Loffredo, Angelo Pisani, è tornato a chiedere la riesumazione della salma di Antonio, già sollecitata nell’ottobre del 2014. Forse è tardi per scoprire i segni di eventuali violenze sessuali. “La caduta di Antonio non è stata accidentale –si dice convinto Pisani – ma non è improbabile che sia maturata nello stesso contesto di Fortuna. Auspico che l’autorità giudiziaria affidi gli accertamenti al Ris dei Carabinieri affinché le indagini abbiano la stessa efficacia di quelle che sono fatte per Yara Gambirasio”. Al momento il fascicolo sulla morte di Antonio è per omicidio colposo.
Sabato scorso Caputo è stato picchiato in carcere a Poggioreale, da un detenuto compagno di cella anch’esso accusato di crimini sessuali. Il bilancio dell’aggressione: un occhio nero, una costola incrinata. Lesioni non gravi, perseguibili solo a querela. Caputo è stato colpito con un pugno nella corsia della socializzazione, uno spazio in comune dove i detenuti trascorrono alcune ore fuori dalle celle. Ora è stato trasferito in una cella singola in un’altra zona del carcere. La direzione del penitenziario ha confermato l’episodio e si sta attrezzando per eventuali visite dei familiari: temono che anche loro possano essere oggetto di ritorsioni. La polizia penitenziaria ha fatto rapporto. Verrà poi trasmesso alle Procure competenti.
“Se andavo con Chicca... mi uccideva pure a me...meno male che non sono andata ma’ (mamma)... meno male... che non esce manco un poco di segreto....”. Lo disse alla mamma l’amichetta di Fortuna, le sue parole sono state registrate da una cimice. La piccola comprese che avrebbe potuto fare stare fine. Il giorno in cui morì, Fortuna le chiese di andare a giocare. La piccola rispose che non poteva. Altrimenti forse si sarebbe ritrovata anche lei in compagnia di Titò.