MilanoFinanza, 3 maggio 2016
Il Leicester campione vale 100 milioni di sterline
Il Leicester è campione d’Inghilterra (prima volta nella sua storia), spicca l’eccezionalità della situazione, impensabile in Italia, dove la Juventus ha vinto gli ultimi cinque scudetti e ben poche altre squadre potrebbero puntare al successo finale.
L’exploit fenomenale della squadra allenata dall’italiano Claudio Ranieri sorprende come potrebbe farlo, da queste parti, il dominio di squadre come Udinese o Chievo. In chiave economica quindi il trionfo della compagine di questa città di medie dimensioni (330 mila abitanti, moltissimi immigrati) situata nel centro della Gran Bretagna ha avuto l’effetto di moltiplicarne il valore. Come riportato dal canale ClassCnbc, secondo il sito Transfermarket il valore del Leicester a inizio anno si attestava sui 23 milioni di sterline. In confronto il Chelsea, la squadra che ha vinto il titolo inglese l’anno precedente, era stimato 215 milioni. Ma dopo questa stagione straordinaria e inattesa il valore della squadra è aumentato di circa quattro volte e ora sarebbe di 104 milioni. Del resto, avendo vinto la Premier, il Leicester incasserà la bella cifra di 93 milioni di sterline solo in diritti televisivi. Per non parlare poi del parco giocatori, decisamente lievitato. Il valore di mercato del suo pezzo pregiato, il centravanti James Vardy, che ha trascinato la squadra a suon di gol (indicato dalla Fwa, l’associazione dei giornalisti specializzati inglesi, come miglior giocatore del campionato d’Oltremanica), è salito di 12 milioni. Quello del portiere Kasper Schmeichel di 5 milioni. Mentre quello dell’esterno Riyad Mahrez, premiato a sua volta dalla Pfa, l’associazione calciatori professionisti, si è apprezzato di ben 20 milioni di sterline. Chissà l’invidia di tanti patron del calcio, che hanno investito tanto senza raccogliere in proporzione.
Ennio Doris sprinter che sa fare il gregario
Ricorrendo a una metafora ciclistica si potrebbe dire che per trovare, nella storia delle due ruote, un analogo di quello che rappresenta Ennio Doris nel mondo della finanza, pochi nomi si prestano al confronto. Si potrebbe scomodare il campione Eddy Merckx, raro concentrato di potenza, caparbietà, fame di vittorie. Ma anche intelligenza tattica, come quella che porta il fondatore del gruppo Mediolanum, con Silvio Berlusconi come socio finanziario fin dai primi anni 80, a sapersi adattare a fare il gregario, sia pur di lusso, quando la situazione lo richiede. È quello che succede quando Doris deve calarsi nel ruolo istituzionale del banchiere: le sue dichiarazioni sull’intervento del fondo Atlante rilasciate ieri alla presentazione del suo libro «Campioni miei. Storie di uomini e ciclisti visti e raccontati da un grande appassionato», è quanto di più allineato al sistema. «Positivo per il bene delle banche italiane, a partire da Bpvi, e del Paese. «Noi siamo stati i primi a partecipare al fondo Atlante, abbiamo dato l’esempio. Lo rifarei». «Atlante ha fatto quello che doveva: mettere in bonis prima di tutto la Popolare di Vicenza. Adesso la ristruttureranno per poi rimetterla sul mercato». Tutto chiaro e lineare alla luce del suo ottimismo cronico. Del resto dopo aver messo 50 milioni di euro nel fondo Atlante e averne sborsati 19,2 per salvare le quattro banche, ogni scetticismo da parte sua sarebbe del tutto fuori luogo.