la Repubblica, 3 maggio 2016
La rivincita di Correggio, pittore sdolcinato che faceva impazzire Stendhal
Adorato dallo scrittore francese, poi sottovalutato dalla critica il maestro del Cinquecento conosce una nuova popolarità Correggio, per Stendhal: «Ravissant, étonnant, charmant, adorable, irrésistible, sublime…». «Musica, e non scultura!».
Poi, dopo decenni e secoli di rabbuffi e cipigli: Correggio troppo lezioso, e delizioso, sdolcinato, smanceroso, manierato, artificioso, affettato… Insomma: sopra o sottovalutato?
Alla base, un’aristocrazia immobiliare di presidenti, procuratori, priori, fabbricieri, affittuari, soprattutto importante coi monasteri, coi loro governatori, fratellanze e confraternite di padrini, testimoni, vicini, suore, vedove, badesse, rogiti di pagamenti per sportelli… Come per questi enormi «Santa Cecilia» e «David», qui trasportati dalla Steccata.
«Commissioni affidate ad artisti forestieri… La locale scuola di pittura non si distingueva certo per la sua eccellenza… In particolare le pale d’altare potevano essere eseguite altrove, e poi trasportate e installate a Parma… Ivi conservate alla Galleria Nazionale»…
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…«Mentre nel transetto settentrionale Parmigiano doveva dipingere sia la volta a crociera sia l’abside, con un dipinto decorativo anziché figurativo; e se il primo avrebbe ricevuto 200 ducati, il secondo ne avrebbe avuti solo 145, un compenso inferiore per una mole di lavoro maggiore; lo stesso giorno, Rondani accettò di dipingere le parti occidentale e orientale del transetto settentrionale più la nicchia di quest’ultimo per 120 ducati; una settimana dopo, tutti e tre i contratti furono confermati…».
Patti chiari, invece, con «Aldo Manuzio, il rinascimento di Venezia». Patti chiarissimi, fra l’editore e i suoi clienti, i lettori. «Datemi anche del denaro, affinché da parte mia io possa procurarvi tutti i migliori testi della grecità; e veramente, se voi darete, anch’io darò, giacché senza molto denaro mi è impossibile stampare. Credete a chi si è posto al cimento rischiando di persona: senza denaro non si può procurare alcunché di quanto voi ardentemente desiderate».
Ancor prima di avere completato il ciclo in San Giovanni, Correggio si vide assegnare un incarico prestigioso, e più redditizio, per un altro ciclo di affreschi. «Nel 1522 firmò un contratto con i fabbricieri del duomo di Parma per decorarne la cupola, la volta della campata antistante all’altare maggiore e le pareti del presbiterio. Prima della morte, avvenuta nel 1534, Correggio aveva realizzato circa la metà del progetto».
Nel frattempo, intanto avveniva il Sacco di Roma, nel 1527. E nel 1545, il Papa Paolo III separava il ducato di Parma e Piacenza degli stati della Chiesa per affidare il governo di Parma a Pier Luigi Farnese, i cui discendenti lo detennero, malgrado le ostilità locali, fino all’estinzione della famiglia Farnese.
Indimenticabili appaiono qui i martirii, trasfigurabili facilmente in estasi. Ecco i santi Placido e Flavia, già santi e già beati. E le varie Madonne, di cui ci si chiede come faranno a scendere dal podio, dal seggio. Regna però il languore, sia nelle Veneri sia nelle Madonne e Danai, in occasioni non solo di riposo, durante una fuga in Egitto, ma di Pietà, di matrimoni mistici di «noli me tangere». Una gran spossatezza, afflizione, sfinimento, forse anche melensaggine…
Una selezione di capolavori… Formidabile talento… Spettacolari risultati… Produzione ricca e varia… Nobilissima pittura, bella maniera, metafora dello sguardo… In duomo, la cupola: «parve all’uno e all’altro incominciarsi a spalancare il Paradiso».
Arrivando a Parma, subito alla Camera di San Paolo. E forse quei culetti allegri non dovevano solo dilettare una eccentrica dama dai singolari gusti pagani. Forse la savia e mondana badessa Giovanna da Piacenza mostrava piuttosto un cortese riguardo per certi suoi amici che venivano lì a far conversazione. Vecchi sodomiti doviziosi, provinciali, aggiornati, dabbene. Appartenenti alla solita aristocrazia fondiaria di congreghe e confraternite. Magari collezionisti segreti di chissà quali Sansebastiani galeotti. Magari gastronomi abituati a scherzi su Culatelli e Felini… Però orgogliosi dell’amicizia con la Badessa, uno dei pochi salotti che si possano frequentare, in una Parma non ancora “petite capitale”. Molto conservatori. Assolutamente benpensanti. E non meno assidui col loro regalino alle prime comunioni dei piccini. Ma abitanti in “rocche”. Con schiave turche, o turchesche.
L’operazione di Aldo Manuzio ebbe subito un grande successo. I suoi “classici tascabili” divennero presto un oggetto ricercato, alla moda nel sofisticato mondo delle corti italiane. E poco dopo, in tutta l’Europa cosmopolita. Entrano nelle case dell’aristocrazia e dell’emergente borghesia mercantile veneziana. Nuove forme d’arte – il dipinto da stanza di carattere mitologico, le sculture, le gemme, le monete antiche, il ritratto individuale – penetrano nella vita e nelle case dei veneziani...
©Alberto Arbasino