Libero, 3 maggio 2016
Tutto quello che c’è da sapere sul Ttip
Le rivelazioni dell’organizzazzione ecologista Greenpeace sul negoziato segreto sul trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip in sigla), hanno riattizzato le polemiche sulle trattative fra Europa e Stati Uniti che proseguono da anni all’insegna della massima opacità, almeno per quel che riguarda la parte americana. Greenpeace è venuta in possesso di 240 pagine di documenti Usa top secret e li ha fatti consultare ad alcuni media europei.
TIMORI CONFERMATI
Quel che è uscito conferma i peggiori sospetti: l’amministrazione Obama sta manovrando per inserire nell’accordo alcuni meccanismi tali da consentire alle aziende d’Oltreoceano di aggirare i divieti europei sugli Ogm e sulla carne agli ormoni, due pilastri delle normative in materia di salute pubblica. Naturalmente l’eventuale presenza di organismi geneticamente modificati e di ormoni negli alimenti, non comparirebbe in etichetta mettendo i consumatori nella impossibilità di scegliere.
CORTI ARBITRALI
Altro timore confermato riguarda le corti arbitrali private, formate da «giudici» non togati, alle quali le aziende americane potrebbero rivolgersi, citando in giudizio addirittura uno Stato, ad esempio per una legge o un regolamento giudicati «restrittivi» per la libertà di commercio. Un particolare dirompente, che potrebbe disarticolare l’intero sistema di regole condivise che i Paesi della Ue si sono dati negli ultimi quarant’anni. Le norme più facilmente soggette ad arbitrato potrebbero essere quelle che limitano la commercializzazione di alcune sostanze giudicate potenzialmente pericolose per la salute dei consumatori in base al principio della «massima precauzione».
TAROCCHI LEGALIZZATI
Altro effetto indesiderato del Trattato transatlantico sarebbe una legalizzazione de facto per tutti i tarocchi del made in Italy prodotti negli States. Un mercato che già oggi vale 20 miliardi di euro, contro i 3,6 di esportazioni italiane verso quel mercato, ma che potrebbe esplodere se gli americani potessero esportare impunemente in Europa le centinaia di specialità contraffatte. L’elenco è lunghissimo e va dai cloni dei formaggi Dop fatti nel Wisconsin – dal Parmigiano Reggiano al Gorgonzola fino al Provolone e al Pecorino Romano – ai nostri vini di pregio che hanno tutti in doppione californiano: Chianti, Prosecco, Valpolicella, Barolo, Verdicchio, Lambrusco e Montepulciano.
IL NO TEDESCO
Finora le trattative per la Nato economica si sono arenate sulla contrarietà dell’Europa, ispirata soprattutto dalla posizione di Italia, Francia e Germania. Ma mentre per noi e per i cugini d’Oltralpe si tratta di difendere gli interessi legittimi dei produttori agricoli, i tedeschi puntano a difendere il ricchissimo business delle materie prime alimentari che esportano a man bassa proprio verso i Paesi della sponda Sud. Latte, carne, suini, ma pure cagliate semilavorate per i formaggi e lo yogurt. Dalla Baviera arriva oltre il 50% delle commodity alimentari destinate a trasformarsi nel Belpaese in prodotti made in Italy, grazie alla compiacenza di un’industria, la nostra, alla ricerca degli ingredienti che costano meno. Non è un caso se proprio il blocco dei Paesi che fa capo al ticket Germania e Olanda, ha finora silurato tutte le norme approvate dal nostro Parlamento a difesa dell’italianità del cibo che portiamo a tavola. Dalla legge Zaia sulle filiere trasparenti a quella che istituiva il bollino «100% Italia». In pratica i tedeschi vogliono continuare a dare il loro contributo, esclusivo, alla falsificazione dei cibi tricolori. La concorrenza degli americani, più agguerrita che mai, potrebbe rompere loro le uova nel paniere.