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 2016  maggio 03 Martedì calendario

Pare che Assad stia usando il sarin per sconfiggere il Califfo. Il punto sulla guerra in Siria

Torna il sospetto che le forze armate di Bashar al-Assad abbiano usato armi chimiche. Circa dieci giorni fa, nella battaglia attorno alla base aerea di Dumair, a circa 50 chilometri a Nord-Est di Damasco, l’esercito si sarebbe trovato in difficoltà per un attacco a sorpresa dell’Isis e avrebbe usato proiettili al gas nervino sarin per respingere l’assalto. Un altro episodio sarebbe avvenuto vicino a un’altra base negli stessi giorni. 
Per Damasco la conservazione delle basi, usate per i raid su tutti i fronti della Siria centrale, era vitale. E lo stesso Isis ha usato più volte armi chimiche, iprite, contro le forze curde e anche contro l’esercito regolare, a Deir ez-Zour. Ma, se fossero confermate le indiscrezioni rivelate dal quotidiano israeliano «Haaretz», sarebbe comunque una violazione dell’accordo fra il governo siriano e l’Onu.
L’intesa era stata raggiunta del settembre del 2013. Ad agosto una serie di bombardamenti con razzi al sarin aveva ucciso 1300 persone nei sobborghi orientali di Damasco, controllati dai ribelli. Regime e insorti si erano accusati reciprocamente, ma i maggiori sospetti erano su Assad, tanto che gli Stati Uniti stavano per compiere un blitz. Un’intesa all’ultimo momento con la Russia evitò l’intervento.
Dall’inizio del 2014 le scorte di Damasco sono state portate all’estero e distrutte, ma secondo l’intelligence occidentale il regime ha conservato un piccolo quantitativo a difesa del presidente. Le indiscrezioni di «Haaretz» arrivano anche sull’onda delle ultime stragi ad Aleppo, con l’aviazione governativa che ha colpito più volte anche ospedali nei quartieri ribelli.
In 10 giorni, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ad Aleppo sono morte 250 persone nei raid dell’aviazione e per i razzi e i colpi di mortaio dei ribelli. Regge invece la tregua parziale, di 72 ore, nelle province di Damasco e Lattakia. Il segretario di Stato americano John Kerry sta cercando disperatamente di allargarla. A Ginevra ha incontrato l’inviato speciale dell’Onu Staffan de Mistura, i ministri degli Esteri di Arabia Saudita e Giordania, e ha detto: «La situazione in Siria è per molti aspetti fuori controllo»
Poi Kerry ha chiamato il capo della diplomazia russa Serghiei Lavrov. I due si sono detti d’accordo sull’estensione della tregua, ma restano i contrasti sui gruppi ribelli che dovrebbero essere inclusi. «Ci stiamo avvicinando ad una zona di comprensione», ha commentato Kerry. Mosca però insiste nel considerare terroristi anche Jaysh al-Islam e Ahrar al-Sham, formazioni sostenute dalle potenze sunnite, prime fra tutte Arabia Saudita e Turchia.
Il presidente americano Obama spera ancora che Mosca faccia «le dovute pressioni». Ma non ritiene «praticabile l’ipotesi» di «zone di sicurezza» per i civili che la cancelliera Angela Merkel aveva rilanciato durante la sua visita in Turchia la scorsa settimana. La presenza militare russa, che avrebbe rafforzato le basi nella provincia di Lattakia anche con missili balistici a corto raggio Iskander, rende impossibile imporre alcunché in Siria, a meno di uno scontro aperto con Mosca.
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Atterrano oggi a Fiumicino i 101 profughi siriani portati in salvo dal secondo volo del «corridoio umanitario» creato dalla Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con il governo italiano. Anche questa volta il tragitto, come il primo di febbraio, è Beirut-Roma, su un collegamento di linea Alitalia. I corridoi umanitari, come spiega la Comunità, servono a dare un’alternativa concreta alle famiglie che fuggono dalla guerra in Siria, costrette ad affidarsi a trafficanti senza scrupoli che le imbarcano in traversate via mare dalla Turchia alla Grecia.
I profughi provengono da Hama, Homs, Aleppo e Hasakah. Città che hanno visto durissimi scontri fra l’esercito e i ribelli, e attacchi dell’Isis contro le minoranze: 37 di loro sono cristiani, 44 i bambini, alcuni con gravi disturbi neurologici dovuti alla guerra. Sono arrivati in Libano attraversando di nascosto il confine, hanno trovato rifugio in campi profughi «informali» o a Beirut, subaffittando stanze a caro prezzo. La Comunità ha scelto le famiglie più fragili, specie donne sole con figli. Saranno ospitati in strutture private a Roma, Siena e altre città. Un esempio di accoglienza controllata e sicura che Sant’Egidio spera di estendere presto con altri «corridoi».