L’Illustrazione Italiana, 9 gennaio 1916
Necrologi
• A Firenze, dove è morto Tomaso Salvini – del quale si parla a pag. 38 [Leggi qui] – è scomparsa la caratteristica figura di un personaggio massonico abbastanza noto, il calabrese Saverio Fera, capo della Massoneria scismatica, di rito scozzese. Vivaci polemiche egli ebbe nel 1908 con i capi in Roma della massoneria italiana di rito simbolico, perché essendo egli investito di una delle più alte cariche del Supremo Consiglio del «rito scozzese antico e accettato», creò una organizzazione scismatica che ebbe, da prima successo in Italia e all’estero, e fu riconosciuta da organizzazioni similari. In questi ultimi due o tre anni però la Massoneria scozzese che faceva capo al Fera era andata rapidamente declinando. Prima della scissione il Fera era stato nella «famiglia» massonica una grande potenza. Nel 1902 fu a Washington al Congresso federale dei Supremi Consigli massonici del mondo e presiedette la sezione più importante dei lavori. All’inizio della guerra dell’Italia, pubblicò in nome della sua organizzazione un manifesto incitante tutti gli italiani, senza distinzione di partito, a unirsi per la rivendicazione dei diritti nazionali. Era uomo di soda cultura, conosceva parecchie lingue ed era assai caritatevole. Dopo il terremoto del 1908 istituì un ricovero per gli orfani calabresi, che assorbì tutta la sua sostanza. Fu garibaldino e conservava preziosi autografi di Garibaldi. Apparteneva alla Chiesa protestante, di cui era pastore, dedicandovi molto della sua vita, e in Firenze aveva fatto sorgere e prosperare un collegio. Aveva 63 anni.
• A Roma, nel suo palazzo in via dei Coronari, il vecchio principe Filippo Massimiliano Massimo dei principi Lancellotti, notissimo nel mondo cattolico per 1’intransigenza dei suoi principi. Allorquando gl’italiani entrarono in Roma per la breccia di Porta Pia, il principe serrò i battenti del portone del suo palazzo in segno di protesta e di lutto, e per lunghi anni un battente del portone rimase chiuso. Egli fu anche propagandista, aiutò la Voce della Verità fino agli ultimi numeri, cioè all’avvento di Pio X, e scrisse egli stesso numerosi articoli. Uomo modesto era tuttavia.
Noto in tutti i saloni della cosidetta aristocrazia nera. In un suo diario, certamente molto interessante per la storia aneddotica della vita di Roma, amava scrivere e comentare tutti gli avvenimenti di carattere politico svolgentisi in Italia. Aveva 72 anni.
• La Milano intellettuale e studiosa, ancora sotto la viva impressione per la improvvisa, immatura scomparsa di Francesco Novati, è stata colpita da nuovo lutto: la morte, a soli 60 anni, del prof. Attilio De Marchi, che in tre o quattro anni era succeduto al Novati nella presidenza dell’Accademia scientifico-letteraria.
Attilio De Marchi, milanese autentico, amava la sua città in tutta la sua storia, anzi sopratutto in quella parte della sua storia che è meno nota, che si può appena e vagamente indovinare negli scarsi monumenti romani, che via via vengon fuori dagli scavi occasionali. Era fratello minore del sempre compianto Emilio, romanziere, poeta ed educatore: e maggiore dei due altri fratelli, professore Luigi, che insegna geografia fisica nell’Università di Padova, ed ing. Odoardo, che fu assessore del Comune e ne è tuttora consigliere. Attilio era stato allievo della stessa Accademia che ora presiedeva, e dove aveva di preferenza studiate le letterature classiche con 1’Inama e il Giussani, e le antichità classiche col Lattes. E sotto la guida amorevole di codesto maestro insigne, il De Marchi preparò quel suo primo, sostanzioso lavoro, che lo portò alla cattedra, «il culto privato di Roma antica». Al suo insegnamento attese da allora in poi con zelo immutato, dando assai spesso ai rendiconti dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, di cui era membro effettivo, il miglior frutto delle sue ricerche. Le quali, sopra tutto in questi ultimi tempi, si rivolgevano di preferenza alla epigrafia greca e romana, e altresì ai papiri egiziani. Il volume di maggior mole, da lui pubblicato negli ultimi anni, è intorno agli «Elleni, nelle istituzioni e nel costume, nell’arte e nel pensiero». Intanto dirigeva una Biblioteca di scrittori greci e latini per le scuole, nella quale un suo volume è specialmente notevole, illustrante le pagine di Tito Livio che meglio possono servire allo studio delle antichità romane.
Da parecchi anni aveva fondata qui a Milano una sezione della Società fiorentina per la tutela e la diffusione degli studi classici, e n’era presidente: e la sezione presto fiorì; palesandosi con una bella serie di Letture e Conferenze e con la piccola serie di volumetti, che mirano alla diffusione di alcuni dei capolavori delle letterature antiche, per una ragione o per l’altra tornati di attualità: il «Moretum» virgiliano, con accanto la versione del giovinetto Leopardi e via via il «Piccolo mondo antico», scelta di papiri greco-egizi; il «Manuale del Candidato», lettera di Quinto Tullio Cicerone al fratello Marco; «La catastrofe di Pompei» nelle lettere di Plinio il giovine; «Dal libro V dell’Antologia Palatina», epigrammi greci tradotti da Luigi Siciliani; «I Canti di Tirteo», nel testo e in una semplice e fedele traduzione prosastica.
Attilio de Marchi aveva l’anima calda, sotto un’apparenza riservata e schiva; ed era scrittore forbito, rifuggente da ogni lenocinio d’arte. Scriveva semplice, come sentiva: e – conte ha bene scritto di lui Michele Scherillo – il pensiero suo era sempre alto, e il sentimento nobilissimo.
• Un vecchio milanese – sebbene originario di Monza – era considerato il più che ottantenne cav. Umilio Osculati, morto ora. Va ricordato perché fu egli il più tenace organizzatore del servizio degli omnibus cittadini in Milano; attuò il tram a cavalli Milano-Monza quando questo parve un’audacia. e, nel 1877, con la prima linea da piazza del Duomo a porta Venezia iniziò la rete a cavalli di quelle tramvie cittadine, per le quali. – fino all’arrivo dei trams elettrici nel 1893 – la Società degli Omnibus assurse, sotto la presidenza di lui, a così grande prosperità. Come consigliere comunale fu dei più illuminati e validi propugnatori del piano regolatore per il rinnovamento della vita cittadina.