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 2016  maggio 01 Domenica calendario

Il commento sul fenomeno Leicester di Mario Sconcerti

È successa una cosa rara in Inghilterra, sta ormai finendo di vincere una squadra che non lo aveva mai fatto, un città piccola, gloriosa e sconosciuta, Leicester. Cosa rara, ma non inedita nel calcio. Il Nottingham di Clough fece la stessa cosa una quarantina di anni fa, Bagnoli a Verona una decina di anni dopo, nell’85. Il Crotone è appena arrivato in serie A. Il calcio è un gioco di squadra, quindi condannato a essere più democratico. Bolt vince sempre, nel calcio ci sono infinite variabili. A Leicester è successo che Ranieri le ha messe tutte insieme come un grande artista, ha costruito un gruppo e lo ha costretto a crederci. È la cosa più difficile che un allenatore possa fare. Non so se il Ranieri di una decina di anni fa ci sarebbe riuscito. Era un normalizzatore, era incerto tra la rabbia e la prudenza. A Leicester è stato solo felice ed è diventato contagioso. Non è chiaro come giochi davvero il Leicester, se alla Guardiola o alla Simeone, se pressi alto o basso, ma non importa nemmeno. Il Leicester gioca a calcio, gioca con il calcio. Ha trovato la sua gioia di vivere partita dopo partita, semplicemente, spontaneamente, come ragazzi su un campo di periferia. Farne adesso un modello significherebbe non averlo capito. Il Leicester, come tutte le grandi squadre, non è imitabile, forse nemmeno da se stesso. Non bisogna investire sulle congiunture del tempo, bisogna solo viverle. La differenza del calcio è questa, è l’unico lavoro, l’unico mondo, che può portarti da niente a tutto. Solo che il giorno dopo si ricomincia da capo. Che il Leicester sia un esempio è fuori discussione, ma non so di cosa. È successo tutto nello stesso istante, voglia e piacere, corsa, libertà. Direi che la cosa più corretta è non cercare di decodificare Ranieri, ma fermarsi a guardarlo da un angolo di meraviglia, provando la più comprensibile invidia del mondo.