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 1916  gennaio 09 Domenica calendario

L’odissea di Re Pietro di Serbia

La tragica ritirata dell’esercito serbo in Albania è una pagina d epopea. Arnaldo Fraccaroli narra nel Corriere della Sera, con sobria efficacia, le vicende di quella fuga e delle peregrinazioni del vecchio Sovrano che mai non volle abbandonare le sue truppe fedeli. Eccone un brano impressionante che può illustrare le storiche fotografie prese dal pittore serbo Betzitch e delle quali l’Illustrazione ha l’esclusivo diritto di riproduzione per l’Italia. «La fuga del Re attraverso le montagne dell’Albania, è veramente un’epopea. Non strade, non guide, solo talvolta qualche soldato caduto esausto indicava al corteo reale per dove erano passati i suoi compagni. E talvolta la strada della salvezza aveva anche indicazioni più tragiche: cadaveri di soldati abbattuti dalla fame, dalle malattie, dal freddo, carcasse scarnate di cavalli sui quali crasi avventata la furia famelica delle truppe. Una visione di sfacelo! Il vecchio Re e i suoi compagni di viaggio procedevano sbalorditi. Avevano tre soli cavalli e non fu possibile persuadere il Re a risparmiarsi il tragitto a piedi. Egli volle come gli altri sottostare al turno, cosicché tutti fecero metà di strada a cavallo e metà a piedi. D’altronde molte salite erano addirittura impossibili a cavallo. Durante il giorno si viaggiava, con due brevi soste per mangiare. Durante sette giorni non ebbero mai un pasto caldo, e una volta restarono anche senza pane. Ma la cosa non parve spaventevole in questa ritirata, nella quale molti soldati morivano di fame e moltissimi nella disperazione mangiavano le corteccie degli alberi, mangiavano le erbe. Alla notte si cercava per dormire qualche capanna albanese e i meschinissimi pastori che abitano sulle montagne fra Prizrend e Scutari non immagineranno mai che quel vecchio ufficiale serbo, pallido e cadente, che dormiva sulla nuda terra e che al mattino ripartiva a piedi, dopo avere sbocconcellato un pezzo di pagnotta legnosa, era il Re di Serbia».