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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

Storia dei trucchetti nel calcio, fino ad arrivare al campo secco dell’Atletico Madrid

«Conosci il terreno e il cielo: la tua vittoria sarà totale». Così è scritto nell’Arte della Guerra di Sun Tzu, del quale Diego Pablo Simeone è, in ambito calcistico, il discepolo più fedele. Proprio sul terreno il Cholo ha costruito la sua battaglia al Bayern. La vittoria è cominciata prima del via, quando Guardiola, osservando le fibre secche e appiccicose dell’erba del Calderon, ha smozzicato una smorfia: «Non l’hanno innaffiato», ha pensato il Pep, che da stratega qual è ha capito subito di partire in svantaggio. Il tiqui-taca ha bisogno che il pallone scorra fluido, rasoterra: l’umidità dell’erba aiuta; l’attrito dell’asciutto, al contrario, penalizza. I bavaresi se ne sono lamentati pubblicamente dopo, come avevano fatto nel 2012 quelli del Barça dopo uno 0-0 con il Milan in un Meazza troppo «secco». Il Valencia e il Real di Mou, a quei tempi, avevano tentato la carta dell’erba alta, altro stratagemma per rallentare la circolazione del pallone.
ALLARGA E STRINGI Insomma Simeone – che di recente ha incitato un raccattapalle a lanciare un pallone in campo per interrompere un contropiede del Malaga, beccandosi tre giornate di squalifica – non è il primo e non sarà l’ultimo a scegliersi il terreno preferito su cui combattere. Si può giocare sulle condizioni dell’erba e sulle misure (la Uefa indica una lunghezza tra i 100 e i 105 metri e una larghezza tra i 64 e i 68 metri). A volte funziona, altre no. Il Real Madrid ha allargato il campo del Bernabeu di un paio di metri nel ritorno dei quarti contro il Wolfsburg: più spazio di manovra per le sue micidiali ali, Ronaldo e Bale, più campo da coprire per i difensori tedeschi. Risultato: 3-0 per i bianchi e semifinale. Per gli stessi motivi, ma opposti, a settembre il Malmoe aveva pensato di contrastare Ronaldo&co. stringendo il campo. Non è servito: 0-2 per il Madrid. Andò benissimo invece al Galatasaray di Mancini nella Champions 2013-14 contro la Juve di Conte. Una nevicata violenta fa interrompere il match dopo 31’. Si ricomincia il giorno dopo, si giocano i 14 minuti mancanti del primo tempo e all’intervallo i giardinieri attuano la mossa vincente: devastano la metà campo in cui attaccherà la Juve e ripuliscono alla perfezione la parte difesa da Buffon. Drogba e Sneijder fanno il resto: gol e Juve fuori dalla Champions. Il trucchetto, al Gala, era già riuscito l’anno prima contro il Cluj.
LA BUCA E LA MONETINA Più localizzata l’opera di «carotaggio» di Riccardo Maspero in un famoso derby di Torino del 2001. Juve avanti 3-0, i granata rimontano fino al 3-3: il gol del pari è proprio di Maspero, ma il gesto più celebre arriva dopo. A 4 minuti dal 90’, rigore del nuovo sorpasso per la Juve, e, mentre tutti protestano, Maspero comincia a «scavare» con il piede il dischetto: Salas si incarica del rigore, ma colpisce dal basso in alto il pallone infossato nel terreno. Penalty in curva e delirio Toro. Di furbate e trucchetti è piena la letteratura calcistica. Innocui i pantaloncini abbassati di Gianvito Plasmati, ai tempi del Catania di Zenga, per schermare la visuale al portiere del Torino nel 2008. Decisiva la monetina da 100 lire di Bergamo nel 1990, in Atalanta-Napoli: Alemao viene colpito alla testa, il massaggiatore Carmando corre in suo soccorso e gli dice «statte ‘nterra». Alemao sta giù, esce, e pochi giorni dopo il Napoli ottiene la vittoria a tavolino, volando verso lo scudetto.
POMODORO E ROIPNOL L’anno prima ci aveva provato anche Roberto Rojas, portiere del Cile, al Maracanà contro il Brasile in una partita decisiva per la qualificazione al Mondiale. Un bengala dagli spalti lo colpisce, Rojas estrae dai guanti un piccolo bisturi con cui si taglia il sopracciglio, il massaggiatore arriva e lo riempie di succo di pomodoro. Il Cile pregusta lo 0-2 e la qualificazione a Italia ‘90, la Fifa però non abbocca: esamina le immagini, Cile escluso anche dal 1994, Rojas squalificato a vita. Al Brasile, poi, in Italia non andò comunque benissimo. Eliminato negli ottavi dall’Argentina per colpa di Caniggia e di una borraccia. La panchina della Seleccion la offre a Branco, terzino verdeoro dal piede-dinamite, per dissetarsi: Maradona confesserà che era stata riempita di Roipnol, un narcotico. Illegale a dir poco, non meno del sedativo rifilato dal portiere Paoloni ai compagni della Cremonese, episodio che diede il via a Scommessopoli. In confronto, sembra una ragazzata l’utilizzo di qualche raccattapalle-complice. Come quello di Simeone col Malaga o come Gianluca Caprari, oggi apprezzato attaccante del Pescara e nel 2008 raccattapalle in Roma-Palermo: fu lui a sistemare il pallone sul calcio d’angolo per la battuta rapida di Taddei che prese di sorpresa i rosanero, colpiti e affondati da Amantino Mancini. Zamparini chiese addirittura lo 0-3 a tavolino.
IL GOL DEL RACCATTAPALLE Nessuno ha però toccato le vette di Domenico Citeroni, «leggendario» raccattapalle dell’Ascoli. Il 12 gennaio 1975 aveva 16 anni ed era sistemato accanto alla porta durante Ascoli-Bologna: succede che Beppe Savoldi, attaccante rossoblu, scavalca il portiere, il pallone si sta infilando in rete ma Citeroni, con un piede malandrino, lo tocca e lo allontana. L’arbitro Barbaresco non si accorge di niente e fa proseguire il gioco. Finisce comunque 3-1 per il Bologna, Citeroni entra nella leggenda. Ma non ditelo al Cholo: potrebbero venirgli strane idee...