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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

Medici e infermieri che fanno a gara a chi infila nei pazienti la canula più grossa. Succede a Vicenza

Una sfida su WhatsApp tra medici e infermieri a chi infilava nelle vene dei pazienti la cannula più grossa, dunque la più dolorosa. Il catetere venoso centrale, che nei messaggini veniva chiamato “cvc”, valeva più di tutti, dieci punti. La cannula più sottile, quella grigia, portava in dote il punteggio minimo. Al termine della gara, serratissima a leggere la chat incriminata – in cui i protagonisti fornivano aggiornamenti in tempo reale – il tabellone finale col riepilogo della competizione e col nome del vincitore. Tutto questo, durante un’intera giornata lavorativa, pare che sia accaduto al Pronto Soccorso dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. Pare, è giusto precisarlo, perché i diretti interessati – due medici e sei infermieri – negano che la gara sia andata oltre i messaggini e smentiscono che qualcuno di loro abbia realmente messo in pratica ciò che scriveva nella chat: la tesi difensiva, dunque, è che sarebbe stato tutto uno scherzo. A leggere certe frasi però, come «i pazienti non sanno a cosa vanno incontro» (con tanto di faccine in lacrime dalle risate), oppure «Lombosciatalgia. Tre vie in succlavia e vittoria a mani basse», può venire anche il dubbio che possa esserci stato pure qualcosa in più. Ma atteniamoci ai fatti.
A portare alla luce l’esistenza di questa demenziale chat degli orrori (dal nome “Gli amici di Maria”) sarebbe stato uno dei suoi componenti, forse resosi conto che la cosa stava sfuggendo un tantino di mano: che si trattasse di finzione o di realtà, i limiti dell’etica professionale, e comunque della decenza in senso lato, erano stati ampiamente oltrepassati. La chat viene vista dal primario, Vincenzo Riboni, che avvisa il direttore generale dell’azienda sanitaria, Giovanni Pavesi. Parte un’inchiesta interna, gli imputati vengono ascoltati e si arriva in tempi rapidi alla sentenza: due sanzioni e sei archiviazioni. Censura scritta per un medico. Rimprovero scritto per un infermiere. Tutti gli altri vengono prosciolti. L’esistenza di una reale gara a chi infilava le cannule più grosse non può essere dimostrata per “insufficienza di prove”. Oltretutto, nel giorno della sfida – è un altro degli esiti dell’indagine interna – non sarebbero state riscontrate anomalie al Pronto Soccorso. Rimangono in piedi solo, si fa per dire ovviamente – soprattutto considerando la delicatezza del ruolo ricoperto dai protagonisti della vicenda – le accuse di «sviamento dall’attività istituzionale» e dell’«uso improprio del cellulare», da utilizzare soltanto «in caso di emergenze e non come svago, come per lo scambio di messaggi di dubbio gusto lesivo della dignità dei pazienti». Per alcuni, poi, la partecipazione sarebbe stata solamente “esterna”, perché quel giorno non erano in servizio. I vertici dell’ospedale precisano che la salute delle persone non è mai stata a rischio, e che cose del genere non erano mai accadute prima. «È stato solo un gioco e per fortuna tale è rimasto» precisa il direttore generale dell’Ulss 6.
Caso chiuso? Per niente. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, vuole portare tutto in procura. «Solo la procura – dice – potrà chiarire fino in fondo i lati oscuri di questa vicenda. Qualora ci fossero responsabilità accertate, le punizioni dovranno essere esemplari. Per me non finisce qui»