Libero, 29 aprile 2016
C’è un carcere senza cucina, senza lavanderia né telefono, ma con due direttori per 25 detenuti. È a Rovigo
Manca ancora tutto nel nuovo carcere di Rovigo: la cucina, la lavanderia, la linea telefonica. E mancano persino i detenuti, che sono solo 25. Di manager invece non c’è penuria: non uno, bensì due direttori alla guida della nuova struttura. E, tra l’altro, a quanto risulta, sono fratello e sorella. Cominciamo dai numeri perché la storia è complicata: siamo a Rovigo nel maxi penitenziario inaugurato, vuoto, lo scorso 29 febbraio dai ministri Orlando e Delrio. Su 210 posti disponibili, ad oggi, solo una decina di celle sono effettivamente occupate per un totale di 25 ’ospiti’: farne arrivare di più al momento non è possibile, perché il carcere è ancora un cantiere aperto. I lavori di costruzione di quello che doveva essere un gioiello di modernità sono stati avviati nel 2007, con Clemente Mastella ministro, sono costati 29 milioni di euro, ma, di fatto, non si sono ancora conclusi. Nonostante questo, lo scorso 21 aprile, i detenuti del vecchio istituto rodigino di via Verdi sono stati trasportati nella nuova struttura, ancora incompleta, insieme alle guardie che, dentro al carcere, non hanno mensa, nè alloggi e fanno la spola dal vecchio al nuovo istituto, per qualsiasi necessità.
Per gestire le 25 presenze, però, oltre a 72 agenti di polizia penitenziaria, in servizio risultano due figure di vertice: Antonella Forgione, già direttrice della vecchia struttura carceraria e Massimiliano Forgione, a sua volta alla guida della casa di reclusione Sant’Angelo dei Lombardi in provincia di Avellino. A quanto pare Forgione fratello, per qualche mese, darà una mano ad avviare il tutto. Magari, ma sono indiscrezioni, per prendere poi il posto della sorella. L’incarico arriva dal Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria, guidato da Santi Consolo, nominato nel 2014 su proposta del ministro Orlando ed è di appena due giorni fa. Ieri, però, presso la struttura carceraria, contattata telefonicamente, nessuno dei due dirigenti risultava presente: la direttrice in quanto «non in servizio fino alla fine di maggio» e il nuovo direttore perché «non in sede».
«Abbiamo appreso pochi giorni fa dell’arrivo del direttore aggiunto – spiega Gianpietro Pegoraro, della Funzione pubblica Cgil carceri – ma non ci è stato comunicato nulla di più a riguardo». Funzioni, incarichi e obiettivi dell’”inviato speciale” restano tutti da scoprire, così come il futuro degli agenti, che se ora possono sembrare troppi «quando la sede sarà a regime con più di 200 detenuti previsti, saranno del tutto insufficienti». In ogni caso, vista la situazione «questa scelta del Dap è inopportuna, quantomeno dal punto di vista temporale», aggiunge Pegoraro. E forse anche dei costi visto che «per la spending review il numero dei dirigenti sarebbe stato snellito e non risulta possibile attivare figure di consulenza». Taglio del nastro, trasferimenti anticipati, doppia nomina: tutto tradisce la fretta di avviare, sulla carta, un istituto divenuto pietra dello scandalo per i costi e tempi elefantiaci di costruzione.
«Una situazione scandalosa» la definisce infatti la senatrice Emanuela Munerato, tosiana della lista “Fare!” (gruppo misto), che ha depositato un’interrogazione al ministero della Giustizia. «La cucina è inattiva, ai detenuti sono serviti piatti freddi, la lavanderia non è operativa e gli uffici sono senza linea telefonica e internet», mentre «palestra, sala ricreativa e spaccio sono solo sulla carta, né è stata attivata la caserma per la polizia penitenziaria». La conseguenza è il «venir meno del livello di sicurezza» causato dalla «volontà politica del governo di accelerare la chiusura del vecchio carcere», conclude la senatrice. «Ci lascia stupiti il fatto che si apra il nuovo istituto prima di chiudere il vecchio – spiega Angelo Urso segretario generale Uil Pa polizia penitenziaria – c’è stata una improvvisa accelerata per noi incomprensibile, visto che nei progetti si ipotizzava di partire a settembre». riproduzione riservata