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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

L’inciucio tra Pd e Ncd sulla prescrizione, con un contentino per i magistrati

L’accordo sulla prescrizione è una buffonata, lo sanno e sappiamo tutti, l’obiettivo è accontentare gli incontentabili (che tali resteranno da domani mattina: magistrati, avvocati, politici e imputati) dopo aver litigato per anni su quante aspirine somministrare alla salma del processo penale: è l’esito di una trattativa – essenzialmente tra Pd e Ncd – fatta come se si trattasse di una spartizione politica e non di un confronto tra riforme utili o inutili.
Il tormentone-prescrizione dormiva in Parlamento da due anni, ma è stato risvegliato anche dalle uscite di Piercamillo Davigo e Matteo Renzi: così ieri è stata votata una proposta (Pd e Ncd) che allungherà i tempi della prescrizione in particolare per il reato di corruzione, tempi che rappresentano, perbacco, ben il 3,5 per cento delle prescrizioni totali nel 2015, anche se corrispondono al 99 per cento di ciò che si discute in tv quando si parla di giustizia. Detto in una frase, il problema dei tempi della giustizia viene affrontato allungandoli ancora di più, e in una maniera, ripetiamo, che scontenta tutti. Va da sé che il proposito iniziale, a un sistema come il nostro, avrebbe fatto dei danni incalcolabili: interrompere la prescrizione all’atto del rinvio a giudizio. Dunque si limiteranno a regalare qualche anno in più ai tre gradi che percorrono il processo: un’aspirina, appunto, sicché i demagoghi continueranno a sostenere che i colletti bianchi potranno assoldare avvocati esperti nel prendere tempo (che è vero) e gli avvocati potranno continuare a replicare che il 70 per cento delle prescrizioni matura durante le indagini preliminari (vero anche questo) e che la responsabilità perciò è dei magistrati che se la dormono. Allora i demagoghi daranno la colpa ancora ai politici, o meglio la legge ex Cirielli che diminuì i termini di prescrizione e aumentò le pene per i recidivi, ma gli avvocati replicheranno che questa legge dal 2005 ha fatto passare i prescritti da 210mila a 113mila. Tutto vero.
Intanto un sacco di imputati continueranno a farla franca, un sacco di avvocati conteggeranno laute parcelle, mentre un sacco di magistrati lamenteranno eccessivi carichi di lavoro e faranno selezione (altro che obbligatorietà dell’azione penale) tra i fascicoli che preferiscono o che risulteranno più mediaticamente spendibili: perché se è vero che le toghe sono costrette a fascicolare anche una spaventosa quantità di notizie di reato farlocche (destinate all’oblio o alla prescrizione) è anche vero che alla fine saranno loro a decidere quali fascicoli prenderanno la polvere e quali, invece, passeranno in corsia di sorpasso. Il che spiega come mai certi processi corrano come lepri e altri si avviino alla prescrizione a passo di bradipo: finire sui giornali o in televisione, spesso, è l’unico rimedio per accelerare i tempi della giustizia. In questo pseudo “dibattito”, intanto, si sono già inseriti i Davigo-boys come l’ex magistrato Bruno Tinti, che sul Fatto Quotidiano (e dove se no) propongono di abolire la prescrizione direttamente all’inizio delle indagini preliminari, come piace anche ai grillini: un bel calcio negli stinchi alla Costituzione e alla ragionevole durata del processo, espediente perfetto per lasciare un imputato in balia eterna del tritacarne giudiziario e dei suoi “dottori fuori stanza”. A parte che già oggi i termini di durata massima delle indagini sono una barzelletta, a questo punto tanto varrebbe abolirla del tutto, la prescrizione: come fecero la Germania nazista e la Russia stalinista. Del resto che cos’è la prescrizione? È un’invenzione diabolica per assicurare impunità ai colpevoli, soprattutto ai politici: ormai è passato questo messaggio. La prescrizione non è un istituto che appartiene alla civiltà giuridica di tutto l’Occidente e che dovrebbe tutelare un corretto accertamento dei fatti, macché, non è – come scrisse la stessa Associazione magistrati il 19 novembre scorso – «un istituto di diritto penale sostanziale che trova la sua ragion d’essere nell’esaurimento dell’interesse repressivo dello Stato per un determinato fatto/reato». Macchè. Il che non toglie che la prescrizione all’italiana sia un assurdo, perché continua a decorrere a processo avviato anche se l’esercizio dell’azione penale ha manifestato la volontà di perseguire il reato: all’estero non succede, col processo la prescrizione non decorre più. Ma all’estero possono permetterselo. Forse potremmo anche noi, se abolissimo la carriera automatica dei magistrati e liberassimo risorse da impiegare alla bisogna e non ci tenessimo, invece, vecchie cariatidi boriose e vacuamente potenti. Forse potremmo, se depenalizzassimo alcuni reati più di quanto sia già stato fatto in passato, e soprattutto se consentissimo un filtro reale per le sacrosante impugnazioni. Potremmo, se una riforma vera (costituzionale) mettesse fine all’ipocrisia dell’obbligatorietà dell’azione penale e prevedesse che il magistrato possa archiviare e abbandonare quei procedimenti che siano destinati a prescrizione certa. Potremmo, ma sarebbe una cosa seria, non una leggina fatta sulla base di sondaggi e contingenze. Non è roba per noi.