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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

La marcia di Schwazer ricomincia da Rio

La prima cosa a cui penserò domani? Se piove o no. Devo allenarmi, duramente...». Domani è un giorno diverso, nuovo. Domani Alex Schwazer avrà messo alle spalle 3 anni e nove mesi di squalifica per doping, l’incubo di cadere, gli errori e le accuse. 
Al di là del tempo (pioggia o no), cosa le passerà per la testa fra ventiquattr’ore?
«Se l’effetto, in questi casi, è quello di sentirsi più leggeri, per me non è così. Io leggero mi sento da un bel po’, da quando ho cominciato con il mio progetto...».
Un progetto che passa per Tagliacozzo e arriva a Rio de Janeiro. Dai primi test senza alcun tipo di ufficialità all’obiettivo delle prossime Olimpiadi.
«Per andare a Rio devo ottenere il pass e non sarà facile: l’8 maggio a Roma mi gioco tutto nella 50 km di marcia di Coppa del Mondo».
Da Tagliacozzo al traguardo di Rio da conquistare cosa è cambiato?
«È cambiato che nell’ultimo anno mi sono sottoposto a 46 controlli, trentuno privati, ma i dati sono pubblici, altri undici della federazione internazionale di atletica e quattro del Coni. Ecco quello che io chiamo il passaporto biologico 3.0».
Quando annunciò il cronometro del test su pista dello scorso ottobre in molti dissero che non aveva alcun significato...
«Normale: si trattava di un ex dopato che provava a rialzare la testa. Ma oggi, davanti ai fatti, molti di quelli che mi guardavano con diffidenza hanno un atteggiamento diverso: li sento più vicini, hanno capito cosa sto facendo e dove voglio arrivare». 
Dove vuole arrivare Schwazer?
«Continuare a marciare e farlo con piacere, passione. Nella testa ci sono i Giochi, ma non solo: un anno o dieci, per ora di smettere non ho alcuna intenzione».
Roma, per lei, che spazio occupa?
«Mi ha aiutato, cambiato profondamente. Anche se non è vero che io sono una persona chiusa: con chi si apre, sono me stesso».
Roma è la sua strada...
«Roma è il saluto dell’autista del bus alla mattina o il quartiere dove vivo che tifa per me come si fa per la squadra del cuore».
Come mai ha scelto di non utilizzare le strutture federali, ora che può farlo?
«Perché non avrebbe alcun senso staccarmi da quello che considero il mio ambiente. Qui, dove ho scelto di stare, c’è chi mi ospita in palestra, il posto dove mi sottopongo ai controlli, quello che mi aiuta a pensare solo alla marcia. Qui c’è il professor Donati, il mio tecnico».
Fra nove giorni, il ritorno ufficiale nel suo mondo...
«Non dovrò sbagliare, arriverò alla 50 km senza riscontri particolari perché è difficile trovarne in allenamento. Per la 20 è diverso».
Solo la 50 km o anche la 20 km nell’immediato futuro?
«Per la 20 km vedremo. Un passo alla volta per ora».
Come sono i rapporti con la federazione?
«Migliorati».
E con il Coni?
«Il presidente Malagò, in tutti questi mesi, è quello che ha sempre assunto una posizione equilibrata. La più equilibrata: e io l’ho apprezzato moltissimo».
È vero che si è tesserato per una società di Bressanone?
«Sì, è vero: si chiama LG Brixen. Sono l’unico atleta per il momento e c’è anche il professor Donati...».
Domani sarà un giorno diverso, nuovo. Per Alex, ma anche per l’atletica che continua a dividersi su un ritorno, comunque, ingombrante.