La Stampa, 29 aprile 2016
Ladri di bollicine. Sempre più furti nei vigneti e migliaia di barbatelle rubate, quelle che servono per fare il prosecco
Dire che il prosecco va a ruba è una battuta fin troppo scontata, ma da qualche settimana è effettivamente quello che succede tra i vigneti del Veneto. Non il Prosecco già fatto e finito, ma le sue «barbatelle»: le piantine di glera, varietà da cui si ricava il prosecco nelle sue declinazioni doc e docg. Ne sono sparite 800 da un nuovo vigneto di Farra di Soligo, nel Trevigiano, pochi giorni fa, la settimana scorsa altre 1.600 nei dintorni di Asolo, che si aggiungono alle migliaia già sradicate nei mesi scorsi. Valore economico modesto oggi (circa 2 euro a piantina), impressionante domani visto il successo del Prosecco sui mercati internazionali.
Tutti lo vogliono, tutti piantano nuovi vigneti: il Prosecco ha un volume di affari di 2,3 miliardi di euro l’anno, la corsa all’oro delle bollicine fa gola a tutti, ieri l’assemblea dei soci del consorzio di tutela del prosecco doc ha allargato la sua area di produzione da 20 a 23 mila ettari. Peccato che scarseggi la materia prima: le barbatelle. I consorzi ne sono sprovvisti e l’offerta dei vivai non risponde alla domanda, e allora di notte, a mani nude, infilandole in qualche borsa termica durante il trasporto, gli agricoltori se le rubano tra loro.
È l’opera di moderni «ladri di galline», secondo i consorzi di tutela delle bollicine più in voga del momento, anche se qualcuno ipotizza un (improbabile) racket dell’Est Europeo interessato a trapiantare le barbatelle in altri Paesi. La collina accusa la pianura: «Qui da noi lo spazio per piantare nuovi vigneti è quasi esaurito» spiega Giuseppe Nardi, sindaco di Farra di Soligo, teatro dell’ultimo maxi furto enologico «nel basso Veneto, invece, di barbatelle ne servono migliaia e migliaia, perché la corsa al Prosecco è appena iniziata. Visto che viti non se ne trovano, potrebbero essere venuti a prenderle qui». Per difendersi, i viticoltori si sono ingegnati. I cartelli di avvertimento sui perimetri dei vigneti si moltiplicano, magari corredati da qualche pistola disegnata a mano, ma c’è anche chi ha colorato le piantine per renderle distinguibili in caso di furto, e chi ha installato le telecamere sul proprio vigneto per riprendere i movimenti sospetti. Altri invocano controlli severissimi che incrocino le fatture di acquisto delle barbatelle con il numero di viti piantate. Fino ad ora, nessun ladro di Prosecco è mai stato trovato.
Mentre dilaga la psicosi, il consorzio di tutela teme l’effetto emulazione: «Il prosecco va sempre in prima pagina» spiega Stefano Zanette, presidente della «Doc Prosecco» e a sua volta derubato di un centinaio di barbatelle «questo da un lato ci fa piacere perché è conseguente al successo del quale il prosecco sta godendo in questo periodo, dall’altro si corre il rischio che vada a generare effetti non desiderabili. Per ora le barbatelle rubate non arrivano a coprire un ettaro sui quasi 30 mila destinati alla produzione di prosecco doc e docg. Si tratta comunque di un fenomeno deprecabile, un reato vero e proprio che va decisamente condannato. Da qui a considerare ipotesi di racket e furti su commissione ce ne corre».
Il mercato, intanto, corre, e nessuno vuole restare indietro. Dei 6 mila nuovi ettari di vigneto richiesti su tutto il suolo nazionale al 31 marzo 2016, oltre la metà arrivano dal Veneto (34.677), e manco a dirlo sono per la maggior parte di prosecco. A presentare la domanda non sono più solo gli agricoltori tradizionali, ma anche industriali in crisi che si buttano nella corsa alle bollicine. Oltre alle barbatelle, manca anche lo spazio: la Regione accetterà soltanto un quarantesimo di tutte le richieste arrivate.