Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 29 Venerdì calendario

«Io non dico che sono il più forte, ma che voglio esserlo». Paul Pogba spiegato con parole sue

Sicché, Pogba, lei vuole diventare una leggenda?
«Come Pelé o Maradona. Anzi, di più. Una leggenda del calcio».
Questa non è arroganza?
«Io non dico che sono il più forte, ma che voglio esserlo».
Niente vie di mezzo?
«Ho un problema: odio perdere. E poi mi piace essere originale, voglio fare quello che nessuno ha fatto mai. Io lavoro tanto perché voglio diventare perfetto e perché quando vinco sono felice».
In Francia dicono: da due anni Pogba si è fermato. La strada verso la grandezza è forse troppo lunga?
«Lascio che la gente dica. I fatti sono altri: nel 2014 non ero nella top 11 della Fifa, nel 2015 sì. E nel 2016 ci sarà».
Sempre in Francia, in base ai sondaggi lei non è tra i tre calciatori più amati: questo non la infastidisce?
«Non lavoro per essere il più amato, ma il migliore. Sono orgoglioso, ma non geloso né invidioso: se Lloris è il più amato, sono felice per lui».
Lei è sicuro che negli ultimi due anni non avrebbe potuto fare meglio?
«Puoi sempre fare di più e meglio. Michael Jordan non ha forse ammesso di aver sbagliato tanto? L’importante è andare oltre».
Che Pogba era, quello di qualche mese fa?
«Non ero al mio livello, lo ammetto. Ma nemmeno la squadra lo era. Adesso sto bene, sto meglio, e alla fine mi sembra di aver aiutato la Juve a fare il massimo. O no?».
Dicono che le pesasse il numero dieci: è vero?
«È un numero. Importante, soprattutto alla Juve. Ma un numero».
E perché una volta si aggiunse un +5 con il pennarello?
«Perché quella mattina mi svegliai e pensai: voglio scrivere +5 sulla maglia con il pennarello».
Nessun significato?
«No. Era semplicemente una cazzata».
Quando la Juve si spaccò tra vecchi e giovani, lei da quale parte venne collocato?
«Secondo lei?».
Tra i giovani. È stato o no rimproverato?
«Nel calcio non esiste gioventù o vecchiaia, esiste l’esperienza. Io sono giovane, ma ne ho. E comunque io do sempre il massimo, do tutto, perché prima viene la squadra: quello che faccio, lo faccio per aiutarla».
Ma dire “voglio essere il numero uno” in uno sport di gruppo non è egoismo?
«Se Messi segna è egoista? No, più sei forte più aiuti la squadra».
Non è egoista nemmeno Ronaldo che non vuole mai saltare un minuto?
«Ha obiettivi altissimi, è ambizioso, vuole battere i record, vincere palloni d’oro. Questo non è egoismo».
In cosa deve ancora migliorare?
«A volte gioco bene, a volte male: è per questo che mi arrabbio. Odio sbagliare, ma sbagliavo di più quando giocavo per strada, e facevo esattamente le cose che faccio adesso. Migliorare è sbagliare meno: si chiama esperienza, appunto».
Lei ha 23 anni e ha già vinto..
«Quattro scudetti. Solo quattro».
Solo?
«Non bastano per la mia ambizione. Ero così già da piccolo, mi davano del pazzo ma è la mia natura. Io voglio scrivere la storia, diventare il più forte centrocampista di sempre».
Più forte di chi?
«Di Lampard. Il centrocampista che voglio essere è quello che sa fare tutto e lo sa fare al top: tirare, dribblare, segnare, difendere. Voglio diventare come Lampard, ma di più».
Lei ha solo 23 anni e ha già guadagnato...
«Non abbastanza».
Avido?
«No, stavo bene anche prima. So che i soldi vanno e vengono e sarei ipocrita se dicessi che non averne è uguale, ma per me sono la conseguenza del tuo lavoro: più sei forte, più guadagni. Ronaldo merita quello che prende, mica ruba».
Qual è la spesa più pazza che ha fatto?
«Due paia di Louboutin. Costavano un follia, ho avuto mal di pancia per una settimana. Mamma che ho fatto, continuavo a ripetermi. I soldi servono anche ad aiutare gli altri, ma non mi piace parlare di questo».
I capelli, le esultanze, i social: per lei è così fondamentale essere ammirato?
«La gente guarda, ma io non faccio le cose per essere guardato: le faccio per me. Ballavo anche da piccolo, mi facevo i capelli strani anche da piccolo, solo che non avevo gente attorno. Se a calcio si giocasse senza pubblico, io sarei esattamente lo stesso. Ma siamo nel 2016, il mondo va così. Dovreste vedermi come sono quando non gioco».
E com’è?
«Rido, faccio ridere, cerco di essere felice, vado al Carrefour a comprare il latte. Non passo il tempo a controllare quanti followers ho. Abito in un quartiere poco chic così non mi viene la tentazione di uscire e riposo di più».
Non diceva di non voler essere uno come tanti?
«Ha mai visto qualcuno con i capelli come i miei?».
Lei ha conservato i suoi amici d’infanzia ma ha rotto con il suo primo procuratore, per il quale era come un figlio: è un fatto che l’ha segnata?
«È finita, come con la mia ex. La vita continua. A me non piace il passato, mi piace il futuro».
E nel suo futuro cosa c’è?
«Battere il Carpi. Poi vincere la Coppa Italia. Poi vincere l’Europeo in Francia».
E poi, rimanere alla Juve?
«Ho un contratto, non è che posso svegliarmi la mattina e andare in Inghilterra. Chiedete a chi si occupa di questo. Per me il calcio è quello che si gioca. E io sono quello che fa i gol, che vuole vincere, che si pettina così, che balla: sono questi i miei argomenti. Io sono la Pioche, come mi chiama mia mamma pensando a quel comico francese che riesce sempre a convincere la gente a fare quel che vuole lui».
La Juve può farle vincere la Champions?
«Quattro anni fa quando ci sorteggiarono col Bayern pensammo: è finita. Stavolta abbiamo pensato: possiamo batterli».
A livello internazionale lei non ha fatto ancora la differenza come in Italia: è troppo facile, il nostro campionato?
«Facile? È più duro, è tutto tattica, non hai spazi. In Europa ti fanno giocare, anche se poi vince chi si difende: guardate l’Atletico».
Sente la pressione di un Europeo giocato in casa?
«La pressione non so cosa sia. Il calcio è istinto, Messi è istinto, io gioco di istinto: se vedo un buco, cerco di buttarmi dentro, senza pensare».
Qual è la cosa più bella che ha fatto su un campo da calcio?
«Non mi riguardo mai, il passato è passato. Mi ricordo che il gol più bello l’ho fatto con l’Udinese, ma solo perché è ora di farne uno migliore».
Il suo sogno è che tra cinquant’anni un ragazzino dica: voglio diventare forte come Pogba?
«No, che dica: voglio diventare più forte di Pogba».