la Repubblica, 29 aprile 2016
Salah fischiato in galera dagli altri carcerati
Nel breve spazio di quarantotto ore, abbiamo misurato la considerazione di cui il ventiseienne Salah Abdeslam, il martire riluttante di Parigi, gode presso il suo ex avvocato di fiducia Sven Mary e i suoi nuovi compagni di galera, almeno quelli “radicalizzati”, in quel di Fleury-Merogis, il più grande penitenziario d’Europa dove è appena arrivato in ceppi, estradato da Bruxelles. Giovedì, l’avvocato, in un’intervista a Liberation, ha detto: «È un povero coglione di Molenbeek che viene dalla piccola delinquenza, più un seguace che un leader. Ha l’intelligenza di un posacenere vuoto, è di una abissale vacuità. È l’esempio perfetto della generazione Gta (Grand Theft Auto) che pensa di vivere in un videogioco. Gli ho chiesto se avesse letto il Corano, cosa che io ho fatto, e mi ha risposto di averne letto un’interpretazione su Internet. Per delle anime semplici come la sua, la Rete è perfetta, è il massimo che sono in grado di comprendere». Ieri, i suoi “fratelli” galeotti, a stare a quanto ha riferito alla tv francese Bfm un sindacalista del carcere, lo hanno fischiato e insultato per la vigliaccheria dimostrata la notte del 13 novembre. Ebbene, per una volta, forse, due indizi fanno una prova (l’ennesima). Che, parafrasando il politologo e orientalista francese Olivier Roy, i «nuovi nichilisti della Jihad» hanno poco a che fare con il Corano e molto con il declino della nostra cara vecchia Europa. Con un odio «radicale», «coglione», «vacuo» e «digitale», che se poi diventa «riluttante», non merita rispetto neppure in galera.