La Stampa, 29 aprile 2016
Daniela Santanché racconta la sua vita da Pitonessa. Dall’infanzia a Forza Italia fino al suo addio al Cav.
Da tempo annunciava che avrebbe scritto un’autobiografia con finale politico. Bye-bye Silvio. E così è stato, giocando nel titolo con il suo cognome: «Sono una donna, sono la Santa». Daniela Garnero Santanchè ripercorre la sua vita di «anarchica di destra», una madre severissima, il padre che le toglie le chiavi della sua adorata C2 quando va via da Cuneo per studiare a Torino. E poi su, su fino ai vertiginosi tacchi a spillo, alle mise eccentriche, al mestiere di imprenditrice e alla passionaccia per la politica. Diventando la «Pitonessa» che aveva accesso alla residenza berlusconiana di Arcore dal portone principale. Poi le cose cambiano. Il partito comincia a perdere identità e consenso; Berlusconi è condannato ai servizi sociali, si allontana dal partito. E Daniela sempre a difenderlo, anche quando le storie pruriginose di donne e ragazzine imbarazzano. Poi arriva il cerchio magico controllato da Maria Rosaria Rossi e organizzato dalla fidanzata Francesca Pascale, e anche Daniela non partecipa più alle riunioni dove si decide. Anzi dove le decisioni diventano meno lineari. Ed eccoci al capitolo finale: «Una nuova avventura». «Andrò ad Arcore e dirò a Berlusconi:”Lancio la sfida dell’identità”. Come Donald Trump, come il sindaco di Londra, come Marine Le Pen». Si rivolge direttamente al lettore che dopo aver conosciuto la sua storia potrebbe seguirla nella nuova avventura politica.
Siamo al bye-bye Silvio. «Stiamo sbagliando tutto. Non solo non esiste il successore di Berlusconi, neppure esiste un dopo Berlusconi». Ma l’alleanza di centrodestra è ormai «il frutto scadente e insapore di un’“aggregazione da panico”. Non è voglia di vincere ma paura di perdere. Chi, come me, ha provato a percorrere una via identitaria è stato impalato in pubblico». Secondo “la Santa” gli elettori hanno smesso di votarci perché ha percepito «una perdita di identità e di coraggio conseguenti all’appannamento della leadership globale di Berlusconi. La controprova è che nelle prime tre democrazie del mondo l’identità è premiata come non mai dagli elettori: Trump negli Stati Uniti, Johnson in Inghilterra, Le Pen in Francia». Allora Renzi? No, è «uomo senza identità». Finale da sceneggiatura. «Vedo avvicinarsi il giorno che entrerò ad Arcore, attraverserò i cavalli di Frisia dalle chiome bionde (Pascale e Rossi ndr) che lo separano dal mondo e mi siederò sul solito divanetto. Gli dirò: “Presidente, io non ti tradisco e mai ti tradirò. Ti ringrazio e rivendico con orgoglio questi anni al tuo fianco. Adesso però ti dò la mano, esco e tra mezz’ora dirò che tocca a noi rischiare una cosa nuova. La sfida dell’identità, del siamo-noi”. Credo che mi guarderà stupito. Ma – sono certa – ammirato. Riattraverserò la barriera dei cavalli di Frisia e i finti sorrisi e via, nella guerra che è la vita. E penso che saremo in tanti, più di quanti si possa immaginare». Vedremo la Pitonessa accanto a Salvini e Meloni? Oppure farà un suo movimento per aggiungere un altro vagone al treno lepenista?