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 2016  aprile 27 Mercoledì calendario

Berlusconi ha perso anche i tifosi del Milan

Di solito, a fine aprile, il Milan si giocava la Champions nei grandi stadi, non la faccia col Frosinone, dentro San Siro semivuoto, né il sesto posto per i preliminari estivi di Europa League da affrontare in qualche stadietto sconosciuto. La settimana simbolo dell’inarrestabile declino è cominciata con la batosta di Verona e proseguirà con due appuntamenti delicatissimi, prima del primo maggio al Meazza, dove Brocchi deve scacciare l’incubo di una pessima festa del lavoro. Vacilla il pilastro stesso della società decaduta: Berlusconi, accerchiato dai tifosi e invitato a vendere. Domani l’assemblea degli azionisti diventerà pubblico processo alla dirigenza, cioè al proprietario. Il quale, entro il week-end, dovrà dire sì o no alla fase finale della trattativa per la cessione della maggioranza alla cordata cinese, che Fininvest giudica serissima.
È la fine di un’epoca. Tremila messaggi al cianuro in poche ore, sul profilo Facebook del fondatore di Forza Italia trasformato in bacheca per milanisti delusi, rappresentano un campione significativo: sarcasmo, invettiva, insulto, preghiera, malinconia, richiesta di lasciare il passo a Maldini e a qualche altro eroe del passato. Berlusconi, istruito dai suoi consulenti, sta frequentando un corso sui social e la lettura dei post, non più indirizzati solo all’abituale bersaglio Galliani, gli ha dato la percezione della popolarità perduta. Lui non manca di ricordare il miliardo e passa speso nel Milan e i 90 milioni ufficialmente investiti invano nell’ultima campagna acquisti. Ma la sua reazione all’attacco dei tifosi non è prevedibile: l’orgoglio potrebbe indurlo a rifiutare la proposta cinese, la frustrazione ad accettarla.
Si profila incendiaria, l’assemblea. I piccoli azionisti hanno esaminato al microscopio con consulenti della Bocconi il bilancio 2015 e il deficit di 89 milioni da ratificare nel Cda: chiederanno conto di spese, costi, errori gestionali e ricavi mancati, messi a confronto con le cifre di Juventus, Roma, Inter e Napoli. Riassume il vicepresidente dell’associazione, l’avvocato La Scala: «Il Milan è tecnicamente fallito. Il passivo è metà del fatturato».
Il fallimento sportivo deve evitarlo nelle ultime tre giornate Brocchi, che non ci sta a passare per il ventriloquo di Berlusconi, per uno frettolosamente promosso pur di cacciare Mihajlovic e destinato a perdere la finale di Coppa Italia con la Juve, scorciatoia per l’Europa League, o di uno che scalda il posto a Lippi. Ieri, dal master di Coverciano, ha ribadito alla società la fiducia nella nuova strada tattica. Ma anche senza pensare a una fronda, l’allenatore è irritato dai giocatori propensi più al colpo di tacco che alla sostanza. «A qualcuno non importava della sconfitta, pensava a prenotare il ristorante»: è il ritornello dello spogliatoio. Non è difficile ricondurre l’allusione alla svagatezza di Ménez in perenne fuorigioco, alla rabona del supponente Bacca, alla distrazione di Luiz Adriano. I tanti vicini all’addio non si dannano per un’Europa League che non giocheranno: i tre attaccanti succitati, Mexès, Zapata. Balotelli rimane lo scivoloso appiglio, mentre lo specchio dei tempi è Di Francesco: ha preferito restare con Squinzi, milanista che ha realizzato in provincia lo stadio di proprietà, il centro sportivo e il Sassuolo quasi tutto italiano, che contende la qualificazione alle coppe al Milan più spento del trentennio berlusconiano.