la Repubblica, 27 aprile 2016
I conti di Fca dicono che gli utili sono saliti, ma anche il debito
Fca chiude in forte attivo il primo trimestre senza Ferrari. I conti al 31 marzo, dicono che a parità di vendite (circa 1 milione di pezzi) l’utile sale da 31 a 538 milioni e i ricavi passano da 25,8 a 26,5 miliardi. Tutti segni che dimostrano quanto è migliorato il margine sul venduto. Dati che fanno ritenere al Lingotto di poter prevedere per il 2016 ricavi superiori ai 110 miliardi, un utile netto di 1,9 miliardi (lordo superiore ai 5) e un debito industriale inferiore ai 5.
Proprio il dato del primo trimestre sull’andamento del debito industriale netto pesa negativamente sul giudizio di Piazzaffari: il valore passa dai 5 miliardi del 31 dicembre scorso ai 6,6 del 31 marzo. Così la Borsa punisce Fca facendo perdere al titolo il 2,6 per cento e bloccando la caduta poco sopra la soglia dei 7 euro. Nella recente assemblea di Amsterdam Marchionne aveva infatti affermato che l’azzeramento del debito industriale era un obiettivo da raggiungere prima del 2018, forse già nel 2017. Così ha destato stupore il fatto che nell’ultimo trimestre il debito industriale sia addirittura aumentato. Questo accade perché Fca è un’industria e non un fondo di investimenti. Dunque, per poter vendere le automobili bisogna prima costruirle. Siccome la lamiera si compera tutta insieme mentre i veicoli si vendono uno per volta, è fisiologico che l’indebitamento industriale abbia, nel corso dell’anno, un andamento a fisarmonica: sale quando si fanno gli approvvigionamenti e scende gradualmente nei mesi successivi. Per questo è normale che a inizio anno l’indebitamento salga rispetto a quello della fine dell’anno precedente. Infatti nel confronto con il primo trimestre del 2015 l’indebitamento al 31 marzo scende di 2 miliardi, da 8,6 a 6,6.
Forse per queste ragioni Marchionne non si è mostrato particolarmente preoccupato alla conference call con gli analisti di ieri pomeriggio. Manterrete gli obiettivi di riduzione dell’indebitamento? «Non abbiamo segnali che vadano in direzione diversa», conferma. Anche perché è la natura dell’incremento degli utili a confortare l’ad. L’utile prima delle imposte è praticamente raddoppiato (da 0,7 a 1,37 miliardi) con un margine che è passato dal 2,7 al 5,2 per cento. Un trend che, se verrà rispettato anche nei prossimi due anni, potrebbe credibilmente portare all’azzeramento del debito e, a fine 2018, a una posizione finanziaria nella di 5 miliardi.
Servirà tutto questo ad avvicinare i tempi dell’alleanza tra Fca e un grande costruttore? «Noi parleremo di consolidamenti con chi è interessato – risponde Marchionne agli analisti – e in queste cose serve tempèo. Non bisogna essere selettivi e avere la mente aperta. Serve il dialogo». Ad Amsterdam lo stesso amministratore delegato aveva escluso che le ipotesi di alleanza con i colossi della connettività, da Apple a Google, potesse essere alternativa a quella con i big dell’auto: «Sono due questioni diverse. L’alleanza tra costruttori di automobili serve a risparmiare capitale investito», avevano detto Marchionne ed Elkann. Nel confronto con il primo quadrimestre 2014 la parte del leone continua a farla il Nordamerica dove si realizzano la maggior parte dei profitti. Ma l’Europa comincia ad avvicinarsi alle performance dell’America Latina e Marchionne lascia intendere che sulle vendite complessive ci sono buone aspettative per le nuove Alfa (compreso Stelvio, il primo suv del Biscione che arriverà a fine anno) e per il Maserati Levante. Il marchio del Tridente ha diminuito vendite del 14 per cento nel trimestre e ha dimezzato i profitti.