Il Sole 24 Ore, 23 aprile 2016
Per la Grecia siamo arrivati all’austerity preventiva
Che il rischio Grexit non fosse più in prima pagina non voleva certo significare che fosse stato archiviato definitivamente. Nove mesi dopo la crisi che nel luglio scorso aveva tenuto tutta l’Eurozona con il fiato sospeso per la possibile uscita della Grecia dall’euro, alla riunione dell’Eurogruppo di Amsterdam le ruggini e le difficoltà nel rapporto fra Atene e le istituzioni creditrici sono tornate tutte a galla. Christine Lagarde ha messo addirittura in forse i dati sull’avanzo primario 2015 (0,7% del Pil): «Ho detto se sono esatti perché abbiamo già visto in passato che la stessa Eurostat ha spesso rivisto i suoi numeri: in aprile 2013 venne annunciato un 1,5% che poi è stato rivisto al ribasso due volte, per arrivare allo 0,5%».
Da mesi è in corso un negoziato spigoloso per la revisione del terzo programma di aiuti, quello da 86 miliardi varato appunto nell’agosto dell’anno scorso, che consentirà, una volta trovato un accordo sulle riforme e i tagli di spesa da realizzare, di versare una nuova tranche di finanziamenti (il cui importo esatto non è ancora stato stabilito ma che dovrebbe aggirarsi fra i 4 e i 5 miliardi di euro). Ieri i creditori sono arrivati però a partorire una nuova misura per costringere il debitore mediterraneo, sempre sull’orlo del default, a rispettare i patti: l’austerity “preventiva”, clausole che dovrebbero scattare automaticamente se non venissero raggiunti gli obiettivi di surplus primario concordati (3,5% del Pil nel 2018). Tutto questo dovrebbe essere deciso in un Eurogruppo straordinario da tenersi il 28 aprile.
L’intesa si fonda su tre punti: la solita dose di misure di austerità pari al 3% del Pil, che comprende riforma delle pensioni (1%) pari a 1,8 miliardi di euro, aumento delle imposte sul reddito (1%), e un’altra serie di imposte indirette e tagli pari a un altro 1% del Pil. I colloqui tra Paul Thomsen, capo dell’Fmi europeo, i creditori europei e i greci sembrano ad un passo dall’accordo: sulle pensioni, il divario tra Atene e la troika è pari allo 0,1%, mentre è dello 0,5% su altre misure secondo la società di consulenza Teneo. La spinosa questione delle sofferenze bancarie potrebbe essere affrontata attraverso la protezione dei mutui relativi alla prima casa. Quanto alla riforma dell’imposta sul reddito si potrebbe ridurre di nuovo la soglia minima esentasse come richiesto dai creditori, proteggendo alcuni soggetti come le famiglie con figli. Il punto più controverso è l’adozione preventiva di un altro pacchetto pari al 2% del Pil che dovrebbe essere approvata in anticipo e scattare automaticamente se non venissero raggiunti alcuni obiettivi. Il ministro delle Finanze greco, Euclide Tskalotos, ha già detto che questo non è consentito in Grecia. In effetti si tratta di trovare una forma giuridica che consenta a Fmi ed europei di essere rassicurati, senza andare contro il diritto nazionale greco che non prevede misure capestro di questa natura.
L’approvazione di questi due pacchetti potrebbe permettere ai creditori di concordare, in terzo luogo, meccanismi di alleggerimento del debito attraverso l’allungamento delle scadenze, l’introduzione di periodi di grazia ma senza taglio del debito nominale. Una corsa a ostacoli che metterà a dura prova l’abilità del premier greco Alexis Tsipras.
Wolfgang Schäeuble, ministro delle Finanze tedesco, ha vinto bloccando la riduzione del debito di Atene mentre il 25 luglio la Grecia dovrà pagare una tranche da 3,5 miliardi del proprio debito alla Bce relativo al programma di acquisti di bond Omt, serviti alle banche francesi e tedesche per liberarsi delle obbligazioni elleniche. Ancora una volta si assisterà alla solita partita di giro con nuovi crediti che serviranno a pagare vecchi debiti senza un soldo nelle tasche di Atene per sostenere gli investimenti e far tornare la crescita.