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 2016  aprile 23 Sabato calendario

Il rischio di svendita in blocco di titoli di Stato

Titoli di Stato in vendita per un totale di 604 miliardi di euro solo da parte delle banche di Germania, Italia e Spagna. In Italia si potrebbe arrivare tra i 100 e i 300 miliardi di BTp da scaricare dai bilanci bancari, a seconda delle ipotesi prese in esame. Sebbene queste siano solo simulazioni, che cercano di immaginare una normativa che ancora non esiste e che forse mai esisterà, il concetto è chiaro: se prima o poi dovesse passare l’idea di imporre dei limiti alla quantità di titoli di Stato che le banche possono detenere, quel giorno potrebbe scattare la più grande svendita in blocco di debito pubblico che la storia ricordi. Con inevitabili effetti collaterali sia sulle banche sia sugli Stati. Ecco perché la Germania ha trovato la porta sbarrata in Europa. Almeno per ora.
La logica della proposta
Che le banche europee abbiano tanti titoli di Stato in bilancio è fuori di dubbio. Quelle italiane e spagnole ne hanno acquistati a piene mani soprattutto nel 2011-2012, durante al crisi dello spread: di fatto, con i soldi prestati a tassi agevolati dalla Bce, hanno salvato i loro Stati quando nessuno voleva comprare i titoli del loro debito pubblico. È per questo che le banche italiane hanno aumentato i BTp in bilancio dai 247 miliardi di euro del novembre 2011 (dati Bce) ai 427 del novembre 2013, fino ai 455 attuali. E quelle spagnole hanno fatto più o meno lo stesso.
Le banche del sud Europa hanno potuto farlo (salvando gli Stati e incamerando loro stesse ingenti utili da trading) perché le normative non hanno mai posto alcun limite all’acquisto di titoli di Stato dei Paesi Ocse. Ora però si discute se mettere un’asticella. Ma prima ancora di chiedersi se questo sia sensato oppure no, bisogna porsi una domanda: che effetto potrebbe avere una riforma del genere sui bilanci delle banche e sui mercati dei titoli di Stato?
La grande svendita
Iniziamo dai titoli di Stato. Supponiamo che venga imposto un limite di possesso alle banche, pari al 25% del loro capitale. Questa è l’asticella che le banche già oggi devono rispettare quando prestano soldi alle imprese: supponiamo dunque che questa percentuale venga estesa ai titoli di Stato. Secondo le stime di Mediobanca Securities, solo le prime 10 banche italiane in questo caso dovrebbero vendere 152 miliardi di euro di titoli di Stato italiani. Secondo l’ufficio studi di un altro istituto, che però preferisce restare anonimo, le vendite potrebbero arrivare per l’intero sistema bancario italiano a 310 miliardi di euro. Uno studio di saggi tedeschi (Economic policy) ipotizzava qualche tempo fa 604 miliardi di euro di titoli in vendita tra le banche di Italia, Spagna e Germania. La Banca d’Italia, con un’ipotesi diversa di ponderazione dei rischi e prendendo i dati di fine 2013, stima invece numeri più bassi: le maggiori banche italiane dovrebbero vendere fino a 100 miliardi di titoli di Stato, quelle tedesche fino a 157 e quelle spagnole fino a 57.
A prescindere dall’accuratezza di calcoli che partono da presupposti del tutto teorici, un dato è certo: sul mercato lo sconquasso sarebbe inevitabile. È vero che la Bce compra titoli di Stato, mitiganto l’effetto delle vendite. È vero anche che i BTp scaricati dalle banche italiane potrebbero essere comprati (fino a 240 miliardi secondo alcuni calcoli) da altre banche estere e viceversa. Ma questo non toglie che sul mercato l’impatto sarebbe forte.
Tegola sulle banche
L’effetto sarebbe altrettanto importante sui bilanci delle banche. Se fosse imposto loro di accantonare del capitale per poter tenere in portafoglio i titoli di Stato (cosa che oggi non è prevista), la conseguenza sarebbe immediata: i titoli che attualmente hanno in bilancio andrebbero ad erodere i loro coefficienti patrimoniali. Ipotizzando una ponderazione al 40% dei titoli di Stato nei bilanci, Mediobanca Securities calcola che il Core Tier 1 (cioè il capitale di migliore qualità) verrebbe eroso di oltre 100 punti base in banche come Mps, Popolare Milano, Ubi, Banco Popolare o Bankia, e di oltre 80 punti per istituti come Intesa o UniCredit. Bankitalia, supponendo invece una ponderazione al 50%, stima che il Core Tier 1 delle banche italiane (tutte) verrebbe ridotto di 1,20 punti percentuali e quello delle spagnole di 80 punti base. Ovviamente si tratta solo di simulazioni. Che però devono suggerire alla classe politica e tecnica che sta affrontando questa tematica una cosa sola: prudenza.