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 2016  aprile 26 Martedì calendario

I troppi nemici della Libia (non solo l’Isis)

La richiesta del premier Fayez Sarraj è cauta e generica. Non contiene termini quali “missione militare” né menziona il verbo “difendere”. Di fatto, però, si tratta del primo appello rivolto dal Governo libico di Unità nazionale alla Comunità internazionale affinché si attivi per sostenerlo. In questo caso ad aiutarlo per non far cadere i giacimenti e i terminali petroliferi nelle mani dell’Isis e di forze ostili definite “fuorilegge”.
Ma chi sono le forze ostili? Sicuramente i miliziani dell’Isis, che negli ultimi giorni hanno intensificato gli attacchi contro importanti giacimenti e terminali petroliferi in Cirenaica. Ma non solo loro. Secondo il nuovo Governo, anche gruppi di ribelli africani e cellule di ex gheddafiani agirebbero congiuntamente per mettere in ginocchio la Libia con l’intento di colpire anche i giacimenti in mare.
Ma c’è qualcosa di più. Qualcosa che apre un nuovo e inquietante scenario. L’appello del Governo di unità potrebbe anche riferirsi alla crescente tensione con il Governo Tobruk, definito il solo e legittimo della Libia dalla Comunità internazionale nell’estate del 2014, quando una coalizione di milizie islamiche aveva conquistato Tripoli spaccando in due il Paese: in Tripolitania governava un Esecutivo di tendenze islamiste. In Cirenaica un Governo più laico, quello definito legittimo.
Caduto il Governo ombra di Tripoli, il neo Esecutivo di unità insediatosi lo scorso 31 marzo nella capitale, ha assunto il controllo della Banca centrale della Libia e della compagnia petrolifera di Stato, la Noc. In altre parole i due forzieri della Libia. Il neo premier Sarraj ha subito rivendicato il diritto di amministrare le risorse petrolifere di tutta la Libia, appellandosi a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. La notizia secondo cui nel porto di Bengasi le autorità del Governo di Tobruk, attraverso il ramo orientale della Noc, si apprestano a caricare 650mila barili di greggio su una superpetroliera con destinazione Malta ha irritato il nuovo Esecutivo di unità. Che ha definito illegale quest’operazione.
Come per la vecchia Libia di Muammar Gheddafi, così anche per la nuova guidata dal premier Sarraj, il greggio è tutto. Privare il suo Governo di parte della produzione petrolifera – già compromessa a causa della guerra – significherebbe lasciarlo senza risorse in un periodo in cui il Paese sta affrontando una crisi economica senza precedenti. Sarraj non può permettersi di attingere troppo alle riserve valutarie della Banca centrale, già dimezzate dal 2011, per far fronte ai crescenti deficit di bilancio. Ma senza risorse petrolifere rimarrebbe in balia delle milizie. Incapace di creare quel nuovo esercito libico indispensabile per controllare il territorio.
E ora che fare? I paesi europei che avevano annunciato la disponibilità a partecipare a una missione militare internazionale per stabilizzare la Libia, missione in cui l’Italia dovrebbe assumere la guida, avevano posto una condizione; deve essere il Governo libico di Unità nazionale a richiederlo. Ora, per quanto generica, la richiesta è arrivata. Proprio dal Governo di unità. Manca però una formalizzazione e l’indicazione specifica del tipo di assistenza richiesta. Il problema, tuttavia, è che questo governo, pur riconosciuto e sostenuto internazionalmente, è ancora orfano del voto di fiducia della Camera dei rappresentanti. Vale a dire di quel parlamento creato a Tobruk nell’estate del 2014 e riconosciuto dall’Onu come il solo rappresentativo della Libia. E qui si è aperto un caso imbarazzante. Quello che fino a pochi mesi fa era considerato il Parlamento “buono” della Libia, da gennaio rema contro la formazione del Governo di unità rinviando da gennaio il voto di fiducia.
Tutta colpa di Khalifa Haftar, tuonano diversi politici del neo Governo di Unità. Il potente generale sostenuto dall’Egitto non ha mai gradito la presenza di membri da lui ritenuti di tendenze islamiste nel neo Governo di Sarraj. Ancora di meno ha gradito la sua probabile esclusione dalla poltrona di nuovo ministro della Difesa o di nuovo Capo di stato maggiore del futuro esercito, carica, quest’ultima, che attualmente ricopre nelle forze di Tobruk.
Haftar può tuttavia contare su 102 parlamentari di Tobruk a lui fedeli per perseguire i suoi disegni e portare avanti la sua guerra personale contro l’Isis e gli estremisti islamici. In questi giorni starebbe preparando una grande offensiva per conquistare Sirte, la roccaforte dell’Isis in Libia. All’Europa non dispiace affatto che un agguerrito generale stia mettendo in difficoltà l’Isis. Anzi, alcuni Governi europei stanno perfino addestrando i suoi militari. Ma la sua opposizione al Governo di Unità è comunque motivo di preoccupazione. Oltre alle incognite, e ai pericoli, di un intervento in Libia, ancora peraltro da formalizzare, si rischia di imbattersi in un altro problema. La cui soluzione appare tutt’altro che facile.