Il Sole 24 Ore, 26 aprile 2016
Le compagnie petrolifere statali sono ormai un lusso insostenibile. Effetti del mini-greggio
Dopo averle nazionalizzate e gelosamente protette per decenni, le compagnie petrolifere statali sono diventate un lusso troppo costoso nell’era del mini-greggio. L’Arabia Saudita non è l’unica ad aver ceduto di fronte all’emorragia di petrodollari e se appena il 5% di Saudi Aramco finirà sul mercato ci sono altri Paesi produttori che hanno ben altri piani per sfruttare i gioielli di famiglia. La Russia, non nuova ad alleanze con partner stranieri, sta lavorando alla privatizzazione di quote di Rosneft e della più piccola Bashneft. Per la compagnia maggiore l’idea è di cedere il 19,5% entro fine anno, con un’operazione con cui Mosca spera di portare 8-10 miliardi di dollari nelle casse, sempre più dissanguate, dello Stato. I cinesi di Cnpc si sono già fatti avanti e pure il Kuwait – che da parte sua nega di voler privatizzare pezzi di industria petrolifera – ha manifestato interesse. È di nuovo a caccia di investitori anche il Messico, che nel 2013 dopo più di trent’anni ha riaperto agli stranieri l’accesso ai suoi giacimenti : l’indebitatissima Pemex sta trattando con fondi di private equity americani, in particolare per le raffinerie. Infine c’è la Nigeria, uno dei petrostati più in crisi?in assoluto:?per la compagnia nazionale la prima Ipo dovrebbe arrivare nel 2018, ha detto il ministro del Petrolio Emmanuel Kachikwu.