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 2016  aprile 26 Martedì calendario

La Komische Oper di Berlino modifica il Don Giovanni per non offendere Erdogan. Un eccesso di prudenza in nome del politically correct

La Komische Oper tiene fede al suo nome e compie una comica censura sul Don Giovanni nel timore di offendere Erdogan. Un paio di secoli dopo il povero abate Da Ponte, autore del libretto, fa ancora paura? I rapporti tra Germania e Turchia sono problematici. Frau Angela non ama il presidente turco, ma, da brava pragmatica, va in visita a Ankara, gli regala miliardi di euro anche nostri purché si prenda i disperati che vorrebbero raggiungere l’Europa, e promette di battersi affinché la Turchia entri nella Ue.

Appena ieri, aveva promesso che non sarebbe mai avvenuto almeno finché non sarebbe rimasta cancelliera, perdendo il voto di un milione di immigrati dal Bosforo con il doppio passaporto, ma promettere non le costa nulla. Parigi ha già deciso che l’ingresso dei turchi nella Comunità potrà avvenire solo dopo un referendum, ed è certo che i francesi mai e poi mai voteranno per il sì. La signora Merkel può dunque promettere quel che vuole, ma non intende mantenere, da brava politica all’italiana.
Erdogan non è noto per il senso dell’umorismo, ed ha appena querelato un comico che lo aveva preso in giro con una canzoncina sullo Zdf, il secondo canale pubblico. Jan Böhmermann, per la verità di scarso talento, ora rischia fino a cinque anni (il codice tedesco, come il nostro, condanna le offese a un capo di stato straniero). La Merkel è stata criticata per aver autorizzato il processo, ma lei rispetta l’indipendenza della magistratura, ha spiegato. Tanto Jan verrà assolto.
Una vicenda che ha indotto i responsabili della Komische Oper a un eccesso di prudenza. Al terzo teatro d’opera berlinese, i libretti vengono da sempre tradotti in tedesco. Non hanno fiducia nel loro pubblico. Quasi un sacrilegio, come sentire Wagner in italiano, ma poco importa. Per attirare spettatori, il regista ha trasformato il dramma in una farsa erotica, Don Giovanni ricorda un po’ l’Alvaro Vitali dei film pruriginosi degli anni Settanta. «Madamina, il catalogo è questo, delle belle che amò il padron mio», intona beffardo Leporello. In Italia seicentoquaranta, in Alemagna duecentotrentuna, cento in Francia E continua: in Turchia novantuna. Come fare? Si offendono le signore turche e il rancoroso Erdogan. E così Leporello si corregge: Don Giovanni conquista le 91 prede in Iran, ovvero la Persia. I persiani sono meno numerosi in Germania e, si spera, meno permalosi.
Una cosa da niente, ma è sintomatico del clima tedesco di questi tempi. In effetti, Casanova alla vigilia della prima a Praga fece da consulente a Da Ponte. L’avventuriero veneziano nel suo peregrinare soggiornò anche a Istanbul, ma nelle memorie non racconta di alcuna avventura turca. Le signore locali furono insensibili al suo fascino, o anche lui preferì essere discreto? Probabilmente, Giacomo e Da Ponte avrebbero sorriso dei prudenti berlinesi. Il libretto del Don Giovanni, d’altra parte, subì spesso le attenzioni dei censori: nella Vienna ottocentesca l’inno «Viva la libertà», divenne un po’ meno rivoluzionario «Viva la felicità». Il libertino di Mozart anticipava la Rivoluzione francese. Andrò a controllare la prossima Carmen alla Komische Oper. Come se la caveranno con la focosa gitana per non offendere rom e sinti in nome del politically correct? Se la fanno diventare siciliana, a me non importa.