Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 26 Martedì calendario

È già finita l’età dell’oro dell’auto in Cina?

Dopo anni di strategie aggressive in Cina, i maggiori produttori di auto del mondo sono adesso più cauti verso il più grande mercato del globo. Alla vigilia del Salone dell’Auto di Pechino, gli esponenti dei principali gruppi prevedono ancora una crescita continua del mercato, seppure a ritmi inferiori al passato, ma ammettono anche l’aumento dei rischi.
I prezzi calano, la crescita delle vendite rallenta e le norme sulle emissioni sono sempre più severe. In poche parole il mercato è sempre più maturo. Toyota per esempio ha chiarito quanto sia sempre più incerto raggiungere il target di 2 milioni di auto vendute entro il 2025. «Da allora abbiamo visto un aumento dei requisiti su consumi ed emissioni. Stiamo rivedendo la gamma prodotti e tentando di elaborare un piano che ci consenta di garantire volumi e allo stesso tempo profitti», ha detto Hiroji Onishi, responsabile per la Cina della casa nipponica. Quattro anni fa Ford ha svelato un ambizioso piano di raddoppio della capacità produttiva in Cina entro il 2015. Quest’anno, ha detto il ceo Mark Fields, «non abbiamo novità da rivelare» in termini di ulteriore espansione. L’anno scorso Volkswagen ha annunciato l’intenzione di investire nei prossimi cinque anni 22 miliardi di euro per espandere la capacità produttiva del 40% a 5 milioni di vetture l’anno. «Siamo in linea con i piani, anche se alcune cose sono in ritardo», ha detto Jochem Heizmann, presidente e ad di Volkswagen in Cina. Il nuovo atteggiamento evidenzia quanto i tempi belli siano finiti sul mercato cinese delle quattro ruote. Le grandi case estere hanno ottenuto i maggiori benefici dagli acquisti dei consumatori cinesi con le vendite in crescita a tassi a doppia cifra nell’ultimo decennio. Ora però il contesto è cambiato, con la frenata dell’economia e la debole domanda in diversi settori industriali. Nel primo trimestre le vendite di auto sono salite del 6%, ritmo ben lontano da quelli passati. Del resto Pechino ha tagliato del 50% gli incentivi fiscali sull’acquisto di veicoli di piccola cilindrata, più di due terzi del mercato, e gli analisti hanno avvertito di uno stallo della domanda per tali veicoli con la scadenza degli incentivi a fine anno. A tal proposito Heizmann ha parlato di impatto negativo sul settore l’anno prossimo. Ford prevede per quest’anno vendite tra 23,5 e 25,5 milioni di veicoli, il 3,7% in più rispetto al 2015, mentre General Motors prevede una crescita modesta fino al 2020.Inoltre, Toyota si aspetta per quest’anno vendite stabili a 1,15 milioni di vetture. I costruttori globali sono molto sensibili alla frenata cinese perché lì generano ricavi significativi dopo anni di aggressive campagne di espansione. La Cina rappresenta infatti il 37% delle vendite globali di GM, il 36% di quelle di Volkswagen e il 17% per Ford. Dal 2008 i tre gruppi hanno costruito nel Paese asiatico più impianti che in qualsiasi altra regione del mondo. Ora si ritrovano con capacità in eccesso rispetto alla domanda. Una delle jv cinesi di GM ha visto il tasso di utilizzo degli impianti calare l’anno scorso al 113 dal 137% del 2014. Per una delle jv di Volkswagen l’utilizzo è sceso dal 132 al 115%. Un impianto genera profitti se il tasso di utilizzo è vicino al 100% della capacità e perde quando scende sotto l’80%. I manager di Ford hanno indicato per fine 2016 una capacità installata in Cina di 2,1 milioni di veicoli, quasi il doppio delle vendite dell’anno scorso. Il ceo di Ford China, John Lawler, citando la forte concorrenza, ha chiarito come la Cina cominci ad apparire un «mercato maturo».