Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 26 Martedì calendario

Quelli che scrivono a Michele Serra iniziando la lettera con «Voi del Pd»

A una deputata del Pd che lo definiva «uno del Movimento Cinquestelle», Marco Travaglio ha ricordato di essere un giornalista che risponde ai suoi lettori, non un esponente politico che risponde ai suoi elettori e al suo partito. Sante parole ma temo del tutto vane, e lo dico per esperienza. L’abitudine di intruppare qualunque opinione e qualunque giudizio in uno degli eserciti impegnati nel Risiko della politica è molto diffusa e soprattutto molto comoda. Pensare che chi prende posizione lo faccia a nome di qualcun altro, o per conto della propria tribù, è la via più breve per levare peso, dignità e significato alle parole altrui. Reputare “embedded” un giornalista, a prescindere dal suo effettivo esserlo oppure no, serve a mettere in dubbio la sua autonomia di giudizio e dunque l’autorevolezza delle sue opinioni. Ricevo lettere che cominciano con «voi del Pd»; e ovviamente se non lo considero un insulto (neppure «voi grillini» lo è), capisco che è un pregiudizio sminuente. Lo stesso giornale diretto da Travaglio, in almeno un paio di occasioni, mi ha incasellato politicamente per pura pigrizia polemica. È un vizio, dunque, molto diffuso. Temo inestirpabile.