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 2016  aprile 26 Martedì calendario

Camminano per strada con le cuffie nelle orecchie, gli occhi puntati sul cellulare. Così, ogni giorno, rischiano di morire

«Occhio!», gli fa. Macché, zero. Allora lo afferra per un braccio, e lì quello per fortuna si blocca: tra lui che attraversava orecchie in cuffia e il ciclista che arrivava occhi sul cell, col 2 inteso come tram subito dietro, sarebbe stato un bel combinato. Meno male c’era di fianco quell’altro pedone sveglio di testa e svelto di gesta. «Urca grazie», gli urla il cuffiato. E via che va. La scena è di ieri pomeriggio in via Mazzini a Milano. Ma alzi la mano staccandola un secondo dallo smartphone chi non ha mai rischiato almeno una volta – una, dài – di andare a sbattere se non contro un palo contro un tizio guardando l’ultimo sms anziché dove andava.
La povera Lisa Digrisolo, neanche 19 anni, non ha avuto la fortuna di un passante a fermarla quando pochi giorni fa ha pagato con la vita l’aver attraversato i binari a Milano Certosa senza sentire il Frecciarossa in arrivo per la musica che aveva in cuffia. E solo un miracolo aveva salvato a inizio anno quella ballerina russa della Scala, Antonina Chapkina, finita contro un tram perché distratta dal telefonino.
Ovviamente il monito «guarda dove vai» esisteva anche prima degli auricolari. Ma bastano 15 minuti in un pomeriggio d’aprile, in corrispondenza di un singolo attraversamento pedonale in via Torino, per contare nell’ordine: 3 pedoni e 2 ciclisti con cuffie grandi; 7 pedoni con cuffie piccole; 32 pedoni e 9 ciclisti con auricolari; altri 12 pedoni con le orecchie libere ma chini sul display; 1 scontro fra due pedoni (si scusano entrambi, anche quello senza telefono, che però guardava per aria); 4 ciclisti che parlano al cellulare tenendolo in mano. Operazione quest’ultima di notevole perizia stante che quella via, per chi non conosce Milano, vuol dire pavè+binari del tram e provateci (guai a voi, è solo per dire) a pedalarci su con una mano sola: eppure alle 16.12 una donna ci riesce parlando al telefono e con una borsa da shopping appesa al manubrio. Da premio (sempre per dire). In 18 semplicemente attraversano telefonando. Tre col rosso. Dice: vabbè se uno parla può stare attento lo stesso. Mica detto, a guardarne la mimica: come quella del conversante che alle 16.08 sbotta in una bracciata così ampia da urtare uno che gli passa accanto e quando quello gli dice «insomma però» riesce a rispondergli «non vede che sto parlando?». Due marciano leggendo un libro, uno lo legge attraversando. Però col verde.
Ovvio che l’isolamento da musica sia più esclusivo. Uno studio americano su Injury prevention ha rilevato che in una certa area degli Usa i pedoni rimasti feriti mentre ascoltavano musica in cuffia sono triplicati in sette anni: da 16 a 47 incidenti, mortali nel 70 per cento dei casi, con vittime under 30 quasi tre volte su quattro. Lo studio sottolinea la sostanziale irrilevanza del volume: che qualcosa conterà pure, specie se tu hai in testa i Metallica a palla mentre il «ding-ding» del 21, sempre inteso come tram, ha gli stessi decibel della forchetta sul bicchiere per il discorso degli sposi. Tuttavia il fattore realmente determinante non è quello bensì l’astrazione a cui la musica ti porta rispetto al luogo in cui ti trovi. In Svizzera nel 2013 hanno contato oltre mille feriti e 43 pedoni morti per incidenti causati specificamente da «distrazione».
A questo proposito mancano ancora statistiche sull’altra faccenda straordinaria che poi è quella dei giochi di ruolo. Come «Ingress»: milioni di partecipanti in tutto il mondo divisi in due squadre, Illuminati e Resistenti, per conquistare via smartphone i «portali» riconosciuti dal gps in qualsiasi oggetto urbano opportunamente marcato, dal semaforo al cespuglio, tu ti muovi e il display te li mostra. Devi solo guardarlo. Per dire: lo scorso novembre, per una partita organizzata a Milano, sono venuti da tutto il mondo in cinquemila.
Infine c’è il popolo più acusticamente isolato di tutti: quello dei runner e jogger. Prova del nove circa lo straniamento dalla fatica stessa se ti spari una musica in testa: non a caso fin dal 2007 le canzoni in cuffia sono vietate agli atleti alla stregua del doping. Del resto, come diceva Torquato Tasso, «la musica è una delle vie per le quali l’anima ritorna al cielo». Ma lasciate che sia una metafora: non mettetela alla prova nel traffico.