Corriere della Sera, 26 aprile 2016
Chi è Norbert Hofer, il quarantacinquenne dell’ultradestra che potrebbe diventare il prossimo presidente austriaco
L’uomo che ha sconvolto gli equilibri della politica austriaca, il giorno dopo le elezioni che gli hanno consegnato il primo posto nella corsa al ballottaggio per le presidenziali, sceglie di tenersi lontano dalla scena pubblica e si rifugia a casa. Solo un post su Facebook, verso le dieci del mattino: «Oggi ho un giorno libero e sono appena sceso dal vogatore. Il pomeriggio è riservato alla famiglia. Vi ringrazio per il sostegno grandioso e vi prometto di fare tesoro di ogni voto, per il bene dell’Austria e per un futuro migliore» scrive ai suoi elettori Norbert Hofer, 45 anni, e rimanda a oggi le comunicazioni ufficiali. Il candidato del Partito della Libertà (Fpö) di ultradestra è a sorpresa con il 35,1% delle preferenze il favorito per il secondo turno contro il 72enne Alexander Van der Bellen dei Verdi, più forte nei pronostici ma fermo al 21,3%. E il 22 maggio potrebbe diventare il nuovo presidente austriaco.
Il lunedì per la Fpö è il giorno di riposo e Hofer ha voluto così rimarcare il suo legame con una tradizione che osserva solo il suo partito. Con lui c’erano la moglie Verena, sposata in seconde nozze, e i quattro figli (tre avuti dal precedente matrimonio). In generale questo ingegnere aeronautico cresciuto a Pinkafeld, nella regione del Burgenland al confine con l’Ungheria, tiene moltissimo alle tradizioni. A cominciare da quelle delle Burschenschaft, le congregazioni studentesche in costume e sciabola nate a metà dell’Ottocento, che costituiscono l’ossatura dei militanti e simpatizzanti dell’Fpö, e sono ancora oggi i sostenitori del mito della «Nazione tedesca» e il terreno di cultura dell’estrema destra in Austria: in più di un caso i loro appartenenti sono stati condannati per attività neonaziste e fino al 2012 ogni 8 maggio, giorno in cui si celebra la liberazione dal nazifascismo, si riunivano a Vienna per ricordare gli «eroi» austriaci morti nella Seconda guerra mondiale. Hofer, finora semisconosciuto al grande pubblico ma ritenuto l’autore del programma della Fpö, si è formato nelle Burschenschaften e qui ha stretto molte delle sue relazioni politiche.
Con i suoi modi pacati e il bastone con cui cammina da quando, 13 anni fa, un incidente con il parapendio ha rischiato di costringerlo su una sedia a rotelle, è molto più rassicurante dei suoi camerati. Ma non meno radicale: «Pecoraio non è una parolaccia» ha risposto a chi gli chiedeva di commentare l’uscita del compagno di partito Christian Höbart che aveva definito i rifugiati «cavernicoli e pecorai». Il due aprile, in campagna elettorale, ha chiamato profughi e migranti «invasori» sostenendo che l’Austria ha bisogno di una «vera barriera al confine» impossibile da aggirare. E ha sostenuto la necessità di armare le forze dell’ordine alla dogana, perché «non arrivano solo persone simpatiche, arrivano anche quelle che sono pronte a staccarti la testa». Il diritto a girare armati per garantire la propria sicurezza è un suo cavallo di battaglia: ha una pistola Glock e si è fatto fotografare su Instagram al poligono di tiro («Sparo volentieri»). Ha affermato che «l’Islam non è parte dell’Austria» (anche se nel Paese vivono mezzo milione di musulmani) e di voler escludere tutti gli stranieri dal collocamento: «Non è possibile che servizi pensati per gli austriaci in caso di necessità siano garantiti a chiunque attraversa il confine». Non sono mancate prese di posizione più folkloristiche, come l’ostinazione a cantare l’inno nazionale nella vecchia versione, in cui i figli della patria sono solo maschi (e non anche «figlie»).
Affermazioni poco presidenziali, ma che al primo turno non hanno spaventato un terzo dei suoi concittadini. Al ballottaggio potrebbe essere diverso. Non è l’unico problema di Hofer: cresciuto nel mito del defunto governatore Jörg Haider che nel 1999 aveva portato la Fpö al suo miglior successo elettorale di sempre, oggi deve sperare che gli elettori non si ricordino di lui. Il governo del Partito della Libertà ha lasciato un buco colossale nel bilancio della Carinzia, che gli austriaci stanno ancora pagando.