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 2016  aprile 24 Domenica calendario

L’impianto di Busalla è troppo piccolo

Per gli automobilisti diretti verso la Liguria lungo l’A7 Milano- Serravalle l’impianto di Busalla è sempre un incontro che non lascia indifferenti. Se non per la mole della raffineria – un intrico di tubi d’acciaio che pare appoggiarsi sul fianco dell’autostrada che scorre nella già angusta valle Scrivia – quantomeno per l’effluvio dei prodotti petroliferi che spesso riempie l’abitacolo delle vetture. Quella raffineria, collegata al porto petroli genovese dal suo oleodotto di Val Polcevera, è un impianto a suo modo «storico» perché trae le origini dal Secondo conflitto mondiale. Ma chi lavora e conosce il settore petrolifero sa abbastanza bene un paio di cose: che malgrado sia a norma (altrimenti non potrebbe lavorare, ma proprio da lunedì a causa dell’incidente scatterà una dolorosa cassa integrazione) al giorno d’oggi nessuno mai potrebbe autorizzare in quel luogo e in quelle condizioni la costruzione e la presenza di una raffineria. Malgrado l’apparenza, inoltre, quello stesso impianto è paradossalmente piccolo se paragonato alla taglia necessaria oggi per poter sopravvivere sul mercato mondiale. In Medio Oriente ci sono impianti che arrivano a raffinare fino a 5-600 mila barili al giorno. La Saras dei Moratti, la più grande in Italia, è a circa 300 mila. A Busalla, secondo i dati dell’Unione petrolifera, si è intorno a 40 mila, forse meno. E non è un mistero che ogni volta che si discuta della necessità di razionalizzare il sistema italiano della raffinazione, che ha troppa capacità inutilizzata, l’impianto Iplom occupi i primi posti nelle liste stilate dai vari think tank. Chiuse da tempo Mantova, Roma, Cremona, riconvertite in «green» Porto Marghera e tra un po’ anche Gela, a favorire l’attività di Busalla e quella delle altre raffinerie è oggi il basso prezzo della materia prima, il petrolio, sceso del 70% rispetto a un anno e mezzo fa. E molto probabilmente, più del margine di raffinazione diventato più favorevole, la sua particolare specializzazione: quella di produrre bitumi, cioè prodotti ricavati dalla parte meno nobile del barile ma che sono comunque indispensabili per gli asfalti e quindi per la costruzione delle strade. Paradosso nel paradosso di una situazione che come spesso accade mette l’una contro l’altra le ragioni dell’ambiente, dell’industria e del lavoro.