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 2016  aprile 24 Domenica calendario

Non una trivella a mare, ma un comunissimo oleodotto ha provocato un disastro ambientale che si spera contenuto, ma che desta ancora molte preoccupazioni

Non una trivella a mare, ma un comunissimo oleodotto ha provocato un disastro ambientale che si spera contenuto, ma che desta ancora molte preoccupazioni. Una chiazza di petrolio larga 28 chilometri quadrati galleggia al largo di Genova. La quantità di greggio sversata sarebbe pari a 680 tonnellate. Da quelle parti, in genere, si fa il bagno e la stagione turistica è in arrivo. Non occorre aggiungere altro.

Com’è successo?
Tra Sestri Ponente e Pegli, c’è il quartiere genovese di Multedo, un tempo esclusivamente turistico, poi trasformato in un polo industriale, prima dagli Ansaldo (1910) e poi dai politici del dopoguerra che crearono qui, tra l’altro, un Porto Petroli. Cioè arrivano le navi, e scaricano il petrolio che viene preso in consegna dalle autocisterne (il casello Genova-Pegli è a un passo) oppure finiscono nell’oleodotto che porta il greggio a Busalla - siamo sempre nel genovese - dove quelli della Iplom lo raffinano per produrre zolfo liquido, nafta, gasolio desolforato e no, anidride carbonica, olio combustibile, bitume. Domenica scorsa, in località Fegino, è esplosa una tubatura interrata ed è uscito il petrolio, che è andato a finire nel rio Pianego e poi nel fiume Polcevera. Il fiume, il secondo per importanza nel Genovese, l’ha portato a mare. Sono passati sette giorni e nonostante le rassicurazioni di tutti - politici locali e azienda - la situazione è peggiorata. L’esplosione del tubo (sentita da tutti) si è trasferita dalle cronache locali alle prime pagine dei giornali.  

La magistratura?
 La magistratura è intervenuta e ha sequestrato l’impianto. Da domani, per i 240 dipendenti della raffinera, scatta la cassa integrazione.  

Che reato si ipotizza?
Disastro colposo. Per ora la procedura è a carico di ignoti. Il magistrato che indaga si chiama Alberto Landolfi. Le indagini sono state affidate all’Arpal, l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente Ligure, che s’è organizzata con dieci tecnici divisi in tre squadre. Si sono messe in atto fin dall’inizio le procedure per impedire l’afflusso al mare, ma inutilmente.  

Perché?
Una delle barriere di contenimento messa all’inizio, creata con terra e sacchetti di sabbia, s’è rotta per via dell’innalzamento del livello del corso d’acqua provocato dalle piogge. Il petrolio è fluito via fino al mare. Adesso si sta provvedendo con barriere oceaniche, che hanno un pescaggio di un metro e mezzo e galleggiano. La Capitaneria del Porto di Genova ha dichiarato lo stato d’emergenza locale. Il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, ha disposto lo spostamento della Tito e della Ievoli Shuttle (tutte del consorzio Castalia, specializzato nelle procedure anti-inquinamento) nel tratto tra Genova e Savona. La Capitaneria ha inviato una diffida alla Iplom, la quale sostiene che la chiazza di petrolio non è una chiazza di petrolio, ma un ammasso di meduse. La Capitaneria ci fa sapere che la «situazione è delicata, ma sotto controllo». «Già dalle prime luci dell’alba - scrivono - un rimorchiatore d’altura fornito di dotazioni antinquinamento oceaniche sta intervenendo sulla chiazza segnalata ieri a 4 miglia al largo litorale Loano-Albenga, mentre, sulla zona di Genova, continuano ad operare nelle acque portuali e lungo il litorale un totale di 6 battelli disinquinanti costieri, tre rimorchiatori d’altura, nonché un numero consistente di autospurgo che operano lungo il corso del Polcevera. L’assessore comunale Gianni Crivello, meno tranquillo della Capitaneria, ha invece detto: «La situazione è complicata, non sappiamo quanto greggio potrà finire in mare».  

Danni stimati all’ambiente?
È presto per una stima credibile. Quelli della Iplom assicurano di aver cominciato i lavori di ripulitura delle spiagge di Pegli e Multedo. La responsabile della Lipu di Genova, Daniela Filippi, dice di aver salvato 27 germani reali interamente coperti di greggio e non più capaci di volare. Quattordici di questi sono in gravi condizioni perché hanno respirato le esalazioni di petrolio. Una moria di pesci è stata segnalata alla foce del Polcevera. Una moria di rane tra il rio Pianego e il Fegino.