Corriere della Sera, 23 aprile 2016
Cosa farebbe Trump se diventasse presidente
Hillary Clinton e Donald Trump: due personalità controverse in gara per la Presidenza Usa. Che cosa potrà cambiare nelle relazioni dell’Italia e dell’Unione Europea con la superpotenza Usa? Dobbiamo prepararci al peggio?
Nerio Fornasier
fornasier.nerio@yahoo.fr
Caro Fornasier,
Il profilo internazionale di Hillary Clinton, segretario di Stato dal gennaio 2009 al gennaio 2013, è già conosciuto. Sappiamo, tra l’altro, che fu protagonista di una fase distensiva nei rapporti russo-americani e che ha sempre avuto buoni rapporti con Israele. Se riuscisse a conquistare la Casa Bianca, la politica estera americana, anche se gestita con stile diverso da quello del suo predecessore, sarebbe solo parzialmente diversa.
Donald Trump, invece, è ancora, per molti aspetti, una incognita. Quando parla di politica internazionale, il tono è spesso isolazionista e sbrigativo. Rivendica la concretezza dell’uomo d’affari, allergico ai bizantinismi del diplomatici di mestiere, e lascia trapelare simpatie e antipatie. Dice che sarebbe pronto a trattare con Putin, ma sostiene che la Cina è un pericoloso concorrente degli Stati Uniti. Approva l’accordo con Cuba, e dichiara che cinquanta anni di embargo sono più che sufficienti, ma disapprova quello con l’Iran. Dice che occorre aiutare Israele e si dichiara pronto ad avere buoni rapporti con il primo ministro Netanyahu, ma sostiene contemporaneamente che non bisogna prendere partito per lo Stato ebraico. Sembra riconoscere una certa utilità della Nato, ma dice anche che gli alleati degli Stati Uniti dovrebbero pagare per il mantenimento delle basi americane sul loro territorio. Quando le domande del pubblico concernono il Medio Oriente, non esita a sostenere che le cose, quando gli uomini al potere erano Saddam Hussein in Iraq e il colonnello Gheddafi in Libia, andavano meglio. Se gli viene chiesto come affronterebbe la crisi siriana, risponde che «starebbe a guardare». E se la domanda concerne i rapporti con la Corea del Nord, risponde che chiederebbe a Pechino di «fare sparire» il suo leader, Kin Jong-un. E se qualche giornalista chiede precisazioni sul verbo «sparire», risponde cripticamente che ha «visto di peggio».
Come avrà notato, caro Fornasier, quasi tutte le sue risposte sono approssimative, ma adatte a una America che diffida della politica internazionale e ritiene, in tutte le circostanze, di potere fare da sé. È probabile che, se fosse eletto, correggerebbe almeno in parte le sue posizioni. Ma un’America governata da Trump avrebbe probabilmente l’effetto di obbligare l’Europa a pensare maggiormente in termini europei senza troppo affidarsi alla protezione degli Stati Uniti.