Corriere della Sera, 23 aprile 2016
Con “Rischiatutto” Fazio ha celebrato una piccolo rito sacrificale: ha ucciso il padre, Mike
Cerco di spiegarmi le due serate introduttive del remake di Rischiatutto. Apparentemente hanno svolto la funzione di richiamare alla memoria il meccanismo del gioco (anche se il pubblico di Rai1 non l’ha certamente dimenticato) e sono serviti a Fabio Fazio a mettere fra virgolette, come piace a lui, il passato televisivo. A non rifare uno dei quiz più fortunati della storia della tv italiana ma a giocare con quel format. E per dare il senso della meta-televisione servono i cosiddetti vip, i soli in grado di mettere in gioco non se stessi ma il loro personaggio. Mettiamoci anche che le due serate sono state utilizzate per un’operazione di scarico nostalgico: le immagini in bianco e nero, il vecchio studio come cimelio e come altare, gli eredi di Mike. Gli ascolti sono andati bene e quindi non ci sarebbe altro da aggiungere. Ma le serate me le spiego anche così: ho usato la parola altare non a caso perché sono convinto che Fazio ha celebrato una piccolo rito sacrificale. Non per fare della psicoanalisi d’accatto, ma Fabio ha ucciso il padre, Mike, sorgente della norma (c’è una norma più norma dei quiz?). In termini simbolici, ovviamente. I miti greci sono pieni di dei che combattono il padre e lo detronizzano, Zeus su tutti. Ma siccome Fazio ha fama di conduttore garbato, educato e gentile (non è un buonista, però), l’uccisione è avvenuta sotto forma di omaggio, di atto di ossequio. Il tutto a livello inconscio. Per questo lui non ammetterà mai di aver ordito le due serate per liberarsi, televisivamente parlando, della figura genitoriale.