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 2016  aprile 23 Sabato calendario

Breve storia dei tunnel, dalle catacombe ai narcos

È in quella terra dalla quale tutti proveniamo che l’umanità da sempre cerca di tornare per trovare rifugio o fuga, difesa oppure offesa, vita o morte. Come nell’abbraccio di una madre che accoglie i propri figli senza fare domande. Dalle caverne scavate per sfuggire ai predatori dalle lunghe zanne alla rete di gallerie sotto il confine tra Messico e Usa per contrabbandare uomini e droga, l’istinto della talpa ha spinto generazioni di soldati e di minatori, spie e credenti perseguitati ad abbassare lo sguardo dal cielo e a rifugiarsi sotto i loro piedi.
La scoperta del super tunnel sotto San Diego, gli 800 metri di scavo che hanno permesso il passaggio di almeno sette tonnellate di cocaina e marijuana tra il Messico e gli Stati Uniti, ha colpito per la lunghezza e per la precisione ingegneristica dell’opera, ma certo non per la sua unicità.
È la tredicesima galleria individuata in quella zona dagli investigatori e sono almeno 75 i passaggi sotterranei attraverso quella frontera che Donald Trump s’illude di poter sigillare con una muraglia.
Forse Trump non sa, lui uomo di grattacieli, che sotto i piedi brulica da sempre una vita catacombale, come un mondo parallelo e invisibile. Se agli scolaretti italiani veniva, e forse ancora viene, narrato il mito del minatore martire Pietro Micca che sacrificò se stesso per bloccare l’avanzata dei soldati francesi lungo una galleria sotterranea durante l’assedio di Torino e ai catecumeni s’illustra il reticolo delle catacombe romane scavate per testimoniare la loro fede in Cristo e sfuggire alle persecuzioni, ogni cultura ha visto nella storia i propri figli scavare, come tragici, disperati o cattivi bambini nelle versioni adulte del nostro istintivo gioco sulla spiaggia paletta e secchiello.
Si è scavato furiosamente, voracemente, per profitto e per il pane, come nel micidiale termitaio nero del carbone di Wallonia, dove a Marcinelle morirono 262 minatori, quasi tutti italiani, nel 1956 e come nelle zolfare di Sicilia, dove i ragazzini, i carusi, sprofondavano, rassegnati ad essere abbandonati anche da Cristo tra il lordume e gli scalazzi, i ripidissimi gradini. La Cia e il Sis, il servizio segreto britannico, tentarono l’operazione Gold negli anni Cinquanta, trivellando la terra sotto Berlino per intercettare i cavi telefonici tra i tedeschi dell’Est e Mosca, per poi scoprire, dopo mesi di scavi, che il Kgb era stato informato di tutto da una spia inglese e aspettava soltanto che il tunnel fosse completato per rivelarlo al mondo.
Sotto terra e nei cunicoli scavati nel buio si è fatto l’amore, o l’umanità non sarebbe sopravvissuta e si è fatta la guerra, molta guerra. Ancora nel 2011, battendo i campi della morte a nord di Arras in Francia, lo storico inglese Jeremy Banning sprofondò in una buca della terra molle di primavera scoprendo che era l’ingresso di un reticolo di gallerie e controgallerie costruite durante la Grande guerra per aggirare, passando dal sottosuolo quelle trincee insuperabili sopra le terra. In quelle tombe spontanee, resti di 28 soldati francesi e tedeschi che si erano casualmente incontrati quando gli opposti scavi erano sbucati gli uni negli altri, giacevano avvinghiati in combattimenti corpo a corpo nel buio soffocante. Antenati di quei
tunnel rat, soldati americani “topi di galleria” che s’infilavano nella città sotterranea scavata dai nord vietnamiti e dai vietcong per centinaia di chilometri fra il distretto di Cu Chi e la Cambogia. Complete di mense, ospedali, magazzini, centri di comando.
Non servono neppure guerre, persecuzioni religiose, paure, sogni di ricchezze fossili o minerarie per spingere l’umanità a grattare le rocce o a smuovere il fango sotto i piedi. Le ricchezze illecite transitate nei cunicoli sotto i piedi della Migra, delle guardie di frontiere e degli agenti della Dea, l’agenzia antidroga, non possono competere con i 38 miliardi di dollari spesi dai contribuenti americani per scavare un tunnel di 5 chilometri sotto il porto di Boston che sarebbe dovuto costare un miliardo e mezzo. L’avidità, gemella della paura, scava.
Ladrocini, furti, mazzette, patronati politici e vittime nei cantieri, la terra indifferente inghiotte tutto e chissà quanti “topi di galleria” sono morti scavando i tunnel della droga, senza che nessuno aprirà mai inchieste. Nel gomitolo dei vizi e delle virtù umane, sopravvive quell’istinto da “cavernicolo” che i nostri lontani progenitori dovettero sviluppare per non soccombere.
Ci sono donne, uomini, bambini che in questo momento vivono – per scelta ideologica – in caverne a Malibu, sopra l’Oceano Pacifico. Restano famiglie aggrappate al grembo della terra e delle rocce in Cappadocia, nelle budella di Tora Bora, in Afghanistan, dove si annidarono i seguaci di Osama bin Laden e le gallerie offrono ancora reti di fuga e nascondigli per i Taleban. Almeno 40 milioni di umani, 30 milioni dei quali soltanto in Cina, vivono i grotte e rifugi sotto la superficie. Già sottoterra, per portarsi avanti con il lavoro.