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 2016  aprile 22 Venerdì calendario

Rcs resta l’ipotesi Cairo-Wanda, Vivendi e De Agostini si chiamano fuori

Urbano Cairo continua a essere l’unico, vero pretendente per Rcs Mediagroup. Anche se la sua offerta pubblica di scambio, che valorizza il titolo 0,527 euro a fronte di un andamento di borsa decisamente superiore (ieri le azioni hanno chiuso a 0,61 euro), è stata fatta al buio, senza che «sia stata svolta una due diligence riguardo al gruppo», come si legge nei documenti della Cairo Communication  depositati in vista dell’assemblea straordinaria del prossimo 12 maggio per l’aumento di capitale a supporto sull’ops. «Gli amministratori della società non hanno avuto accesso a informazioni o dati previsionali di dettaglio che consentissero di predisporre valutazioni finanziarie di tipo analitico».
 
Ma nonostante la sempre maggior distanza tra i valori di borsa e il prezzo assegnato dall’imprenditore piemontese, quest’ultimo non pare intenzionato a rivedere i suoi piani e ad alzare l’asticella dell’offerta. Opportunità sulla quale invece scommette Piazza Affari, visto che le azioni di Rcs  ieri hanno guadagnato il 4,72% anche in scia all’anticipazione di MF-Milano Finanza circa il pressing che il colosso cinese Dalian Wanda sta facendo con l’azienda guidata dall’ad Laura Cioli per la vendita delle attività sportive a esclusione della Gazzetta dello Sport. Una prima offerta, del valore di circa 150 milioni, era già arrivata al cda ma era stata rispedita al mittente. Solo che con lo scenario relativo al possibile arrivo di Cairo le carte in tavola sarebbero cambiate. «La scelta preferenziale potrebbe essere un accordo commerciale o un deal che riguardi una partecipazione di minoranza», hanno osservato ieri gli analisti di Banca Akros. «Tuttavia l’attuale situazione finanziaria di Rcs  potrebbe portare a una mossa di dimensioni maggiori», hanno aggiunto i broker, sottolineando che l’eventuale cessione del business Sport potrebbe anche essere una buona opzione per Cairo Communication  se riuscisse a prendere il controllo del gruppo di via Rizzoli.
Rcs, a differenza di indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, non interessa a Vivendi, socio forte di Telecom (24,9%) e acquirente di Mediaset  Premium (con anche una quota del 3,5% in Mediaset. «No, non è nostra intenzione entrare nel capitale di Rcs», ha dichiarato ieri l’ad del gruppo francese Arnaud de Puyfontaine. «Abbiamo già abbastanza cose in ballo in Italia», ha specificato ancora il top manager che poi ha aggiunto in chiave ironica: «Il Corriere della Sera amo soprattutto leggerlo per migliorare il mio italiano...». Formalmente fuori dai giochi si è chiamata anche la De Agostini: la società di Novara, fortemente concentrata in America nel business del gaming e delle lotteria, «non ha nessun interesse per Rcs Mediagroup», come ha dichiarato l’ad dell’azienda piemontese Lorenzo Pellicioli, a margine dell’assemblea di DeA Capital. «Nel mondo si sa che pensiamo che la carta stampata non sia un buon investimento. Nessuno ci ha chiamato, lo sanno, lo diciamo da sempre». Semmai, in caso, la De Agostini potrebbe essere interessata all’acquisto delle case editrici (Bompiani e Marsilio) che Mondadori dovrà obbligatoriamente vendere dopo il via libera condizionato dell’Antitrust all’acquisto di Rcs  Libri. «Siamo nel mondo dei libri, per definizione possiamo guardare lì». Bompiani o Marsilio? «Tutto quello che c’è», ha detto Pellicioli. «Negli anni scorsi abbiamo acquisito piccole case editrici, nella scolastica e nella varia. Nel mondo della narrativa siamo presenti solo marginalmente. Dobbiamo guardarlo, ma non abbiamo preso nessuna decisione particolarmente forte sull’argomento».
 
Ieri sera, intanto, si è riunito il cda di Rcs  che ha valutato i conti preliminari del primo trimestre che si è chiuso con un giro d’affari di 219,8 milioni (-4.2%), con introiti pubblicitari che salgono a 97,4 milioni (+1,1%), e un netto calo dei ricavi diffusionali scesi a 97,4 milioni (-11.6%). L’ebitda ante-oneri non ricorrenti migliora ma resta negativo passando ad -15,5 a -3,4 milioni. Il debito invece sale dai 487 milioni di fine 2015 a 509 milioni (era di 508 milioni il 31 marzo 2015), «mentre si sarebbe attestato a 411 milioni considerando gli effetti della cessione della Libri». (riproduzione riservata)