La Gazzetta dello Sport, 22 aprile 2016
Il successo di Maran, senza nessuna fretta
I tifosi la chiedevano a gran voce l’altra sera durante la goleada al Frosinone e anche noi ne abbiamo preso atto, mettendo per la prima volta il Chievo tra le squadre che corrono per l’Europa. Il segnale delle gerarchie che cambiano. Tutta colpa di Rolando Maran. «Vi siete ricordati di noi, bene... L’avevo detto ai ragazzi qualche settimana fa: “L’obiettivo è finire nella tabella della Gazzetta...”. Ci siamo riusciti».
Ma lei ci crede?
«Mah, si può fare e dire di tutto. Credo sia più realistico arrivare a 56 e battere il record di punti in A del Chievo stabilito nel 2003».
Più bravo Delneri o lei?
«Figuriamoci se mi metto a fare paragoni. Posso dire che allora, secondo anno di A, c’era una gran voglia di affermarsi. Ora che la categoria è consolidata, le forti motivazioni sono rimaste. È un marchio di fabbrica del Chievo».
Al record mancano 8 punti in 4 gare: voi ne avete fatti 14 in 6. Oltre 2 a partita, la media c’è.
«Ho sempre detto ai ragazzi: puntiamo l’avversario che ci sta sopra. Poi si vede».
Sopra di voi c’è il Sassuolo: più sorprendente Maran o Di Francesco?
«Ce la giochiamo, forse la vera sorpresa siamo noi perché il Sassuolo già l’anno scorso aveva fatto vedere cose interessanti. Sono due piazze simili, con realtà economiche molto diverse. I mezzi economici non sono certo paragonabili. E a proposito di Sassuolo...»
A proposito del Sassuolo?
«Viene giustamente considerata una squadra con un atteggiamento offensivo, però faccio notare che il Chievo ha fatto due gol di più. È un po’ la novità di quest’anno: la squadra cura di più la fase offensiva, lo dimostra il fatto che segnano molti giocatori, non siamo legati a un attaccante da doppia cifra».
Si aspettava un campionato così esaltante?
«Sinceramente, no. Si cerca sempre di migliorare, è vero, ma questa squadra è andata oltre le aspettative».
Come mai?
«Perché c’erano i presupposti per fare bene: dal mio punto di vista è stato determinante poter lavorare con un gruppo che conoscevo, mentre l’anno scorso sono arrivato a stagione iniziata (ha preso il posto di Corini dopo 7 giornate, ndr) e in una situazione molto delicata».
Non fate sconti ai bisognosi: in casa avete battuto Palermo, Carpi e Frosinone.
«A salvezza raggiunta, nessuno ha mollato anche perché io non ho mai sopportato questa idea dell’appagamento. Lo dimostrano i risultati. Poi si può giocare bene o male o essere meno brillanti come è successo a Udine. Ma l’atteggiamento generale non cambia».
Ancora 56: come il record di punti in A stabilito dal suo Catania nella stagione 2012-13.
«Siamo entrati nella storia e di questo sono orgoglioso. Quante analogie con oggi: anche allora eravamo partiti per salvarci e poi siamo arrivati ottavi, davanti a squadre quotate come l’Inter».
Più forte quel Catania o questo Chievo?
«Sono squadre molto diverse: il Catania amava il palleggio e la giocata fine. Il Chievo è più compatto, più coraggioso».
Decisiva la svolta tattica, dal 4-4-2 al 4-3-1-2?
«Ho cambiato perché avevo giocatori molto duttili con le caratteristiche giuste per variare modo di giocare. Ho cominciato alla prima giornata a Empoli: Birsa ha saputo adattarsi perfettamente al nuovo ruolo di trequartista, come Pepe che aveva sempre giocato da esterno o da seconda punta».
Non pensa di essere stato sottovalutato finora?
«Diciamo che se ho raggiunto la A tardi, vuol dire che l’ho meritata solo ora».
Elogio della gavetta?
«Non capisco la fretta di fare tutto e subito. Serve gradualità, sbagliare ti aiuta, perché gli errori ti fanno crescere. Sono soddisfatto del mio percorso, non rimpiango nulla».
Alcune grandi le hanno messo gli occhi addosso...
«Ho ancora due anni di contratto, più un’opzione per altri due. Pensiamo a finire bene col Chievo, poi si vedrà. Gli scenari possono cambiare».
Campedelli cosa dice?
«Parla poco, anche lui non si aspettava un campionato a questi livelli».
Nove anni da giocatore, più due da allenatore: il Chievo è casa sua.
«Per questo un campionato così vale doppio».
Pellissier come Totti?
«Vedo come lavora tutti i giorni, ha ancora la voglia di un ragazzino. e sa farsi trovare pronto quando è il momento. Sì, il paragone ci sta».
Il Verona sta per andare in Serie B.
«Ho sempre detto e lo ripeto che deve essere un vanto per la città avere due squadre in A, per questo mi auguro che l’Hellas ritorni subito su. Non ci siamo mai sentiti i parenti poveri, la società è forte, si è formato uno zoccolo duro di tifosi».
Come va Maran junior?
«Mio figlio Gianluca gioca nel Giorgione, si sta riprendendo da un brutto infortunio. Diciamo che ha avuto meno fortuna del Chievo...».