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 2016  aprile 22 Venerdì calendario

Perché i norvegesi si sentono costretti a trattare umanamente il nazista Breivik?

Perché i norvegesi si sentono costretti a trattare “umanamente” il nazista Breivik, un ripugnante assassino di ragazzi inermi? Non perché lui meriti la qualifica di essere umano. Ma perché la meritano loro. Questo, credo, è il senso di una sentenza che sta facendo inevitabilmente discutere, e della quale Giancarlo De Cataldo, sulla Repubblica di ieri, ha già spiegato la ratio giuridica e politica.
Non potrebbe esserci occasione più dolorosa, più difficile, più estrema, per mettere alla prova il vincolo che lega una democrazia a quei principi di rispetto dell’integrità dell’uomo – perfino di quell’uomo mostruoso – che è esattamente ciò che lui odia e vorrebbe distruggere: perché è un nazista e non crede nei diritti umani. Quella sentenza, compresa la tempesta emotiva che suscita, va tenuta a mente anche nel durissimo confronto con l’altro mostro che abbiamo di fronte, il jihadismo. Contrapporre agli sgozzatori, ai carnefici, ai rapitori e mercanti di donne, ai distruttori di Palmira la fragile bandiera del diritto e della libertà può sembrare folle, o puerile, o masochista. Ma non essere come loro (come Breivik, come Jihadi John, come il sedicente Califfo genocida) è la nostra sola possibilità non solo di salvezza; anche di vittoria.